Era il 6 gennaio 1980 quando Piersanti Mattarella veniva ucciso a Palermo da Cosa Nostra. Quando fu assassinato, a soli 45 anni, stava ricoprendo il mandato di presidente della regione siciliana. Piersanti era il fratello di Sergio Mattarella, il 12esimo presidente della Repubblica italiana dal 3 febbraio 2015.
Nato a Castellammare del Golfo il 24 maggio 1935, da giovane fu attivo nell’Azione Cattolica, intraprendendo poi l’attività politica tra le fila della Democrazia Cristiana. Tra i suoi modelli politici vi furono Giorgio La Pira e Aldo Moro. Il suo primo incarico politico arrivò nel 1964 quando venne eletto nel Consiglio comunale di Palermo, nelle liste della DC.
Alle elezioni regionali del 1967 fu eletto deputato all’Assemblea regionale siciliana, e poi riconfermato nelle elezioni del 1971 e del 1976, con un altissimo numero di preferenze.
Dal 1971 al 1978 ricoprì il ruolo di assessore regionale alla Presidenza con delega al Bilancio nelle diverse giunte presiedute da Mario Fasino, Vincenzo Giummarra e Angelo Bonfiglio.
Il 9 febbraio 1978 fu eletto presidente della Regione Siciliana, con 77 voti su 100, alla guida di una coalizione di centro-sinistra con l’appoggio esterno del Partito Comunista Italiano.
La presidenza di Mattarella fu orientata a una forte e incisiva azione riformatrice portata avanti in regione.
Fu anche assistente ordinario di diritto privato all’Università di Palermo.
Il suo impegno politico andò di pari passo con quello della lotta alla mafia. Dopo l’omicidio di Peppino Impastato, Mattarella si recò nella città per la campagna elettorale comunale pronunciando un durissimo discorso contro Cosa Nostra.
La sua attività politica in regione fu orientata a una scelta precisa contro Cosa Nostra e contro la corruzione e a favore della legalità, in particolare nel settore della gestione dei contributi agricoli regionali, uno dei centri della corruzione e della collusione con la delinquenza di stampo mafioso.
Il Procuratore nazionale antimafia ed ex presidente del Senato, Pietro Grasso, nel libro “Per non morire di mafia”, ha scritto che Piersanti Mattarella “stava provando a realizzare un nuovo progetto politico-amministrativo, un’autentica rivoluzione. La sua politica di radicale moralizzazione della vita pubblica, secondo lo slogan che la Sicilia doveva mostrarsi ‘con le carte in regola’, aveva turbato il sistema degli appalti pubblici con gesti clamorosi, mai attuati nell’isola”
L’assassinio
Domenica del 6 gennaio 1980, in Via della Libertà a Palermo, fu ucciso da un killer che si avvicinò alla sua macchina, una Fiat 132, e lo freddò a colpi di pistola.
Nel 1995 vennero condannati all’ergastolo i mandanti dell’omicidio Mattarella: i boss mafiosi Salvatore Riina, Michele Greco, Bernardo Brusca, Bernardo Provenzano, Giuseppe Calò, Francesco Madonia e Nenè Geraci. Gli esecutori materiali non sono mai stati individuati con certezza.
Due scatti della fotografa palermitana Letizia Battaglia immortalano gli attimi dopo la morte di Piersanti Mattarella, quando Sergio Mattarella estrae e abbraccia il corpo del fratello maggiore:
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