Antonio Di Maio è il padre di Luigi, capo politico del Movimento 5 stelle e vicepremier del governo Conte. E dall’inchiesta de Le Iene è finito al centro di molte polemiche.
Il caso principale che lo riguarda, soprattutto considerando che il figlio è vicepresidente del Consiglio dei Ministri e ministro dello Sviluppo economico, del lavoro e delle politiche sociali, interessa alcuni lavoratori in nero nella sua azienda. (Qui l’intervista di Antonio Di Maio in cui l’uomo si assume tutta la responsabilità di quanto è successo e difende il figlio).
Lavoratori che sarebbero stati al servizio dell’azienda senza alcun inquadramento contrattuale. Ovviamente Antonio Di Maio sta respingendo ogni accusa.
Fino a pochi giorni fa di Antonio Di Maio si è parlato pochissimo. Mai le cronache nazionali si erano occupate di lui. Imprenditore edile, era lui a gestire la Ardima Costruzioni, intestata inizialmente alla madre del vicepresidente e successivamente è confluita nell’Ardima srl, di proprietà – dal 2012 – del ministro Di Maio e della sorella Rosalba al 50%.
In passato, quando Luigi Di Maio era lontanissimo da qualsiasi incarico politico, ha provato a essere eletto in Consiglio comunale a Napoli. Missione fallita.
Luigi Di Maio, dopo l’inchiesta de Le Iene, ha raccontato dei dissidi avuti in passato col padre. Tra i due, per anni, non ci sarebbe praticamente nessun rapporto. I motivi sarebbero da ricercare proprio sulla gestione dell’azienda di famiglia.
“Per un periodo della mia vita non ho avuto alcun rapporto con mio padre” ha raccontato Luigi Di Maio. Nessun rapporto. “Lo racconto con il cuore”. Oggi però “c’è stato un miglioramento”. Perché questo attrito? “Non condividevo alcuni suoi modi”.
La vicenda raccontata dalle “Iene”
Dal 2009 al 2010 Sasà – Salvatore Pizzo – racconta di aver lavorato nell’azienda edile che da 30 anni è gestita da Antonio Di Maio, padre del vicepremier. La società è stata in un primo momento intestata alla madre, Paola Esposito, e successivamente è confluita nell’Ardima srl, di proprietà – dal 2012 – del ministro Di Maio e della sorella Rosalba al 50%.
Pizzo, secondo la sua ricostruzione, avrebbe lavorato per un anno in nero – nonostante le ripetute richieste di regolarizzazione della sua posizione – e sarebbe stato pagato in contanti. Come lui, altre due-tre persone, ossia quasi la metà della ditta.
La svolta dopo l’infortunio
Antonio Di Maio avrebbe chiesto a Pizzo di non dire in ospedale come si fosse procurato l’infortunio (sul posto di lavoro). Ma l’uomo, invece, avrebbe riferito tutto ai medici. E dopo la guarigione viene licenziato.
A quel punto Pizzo si rivolge al sindacato – la Cgil – e Antonio Di Maio gli fa un contratto di sei mesi. Ma, dopo poco, lo licenzia nuovamente. Pizzo, invece di fargli causa, accetta i 500 euro che il padre del ministro gli avrebbe dato per tacere.
La reazione del vicepremier Di Maio
Se quanto raccontato da Pizzo fosse vero, “sarebbe una cosa grave” commenta il ministro del Lavoro. Di Maio, però, precisa che il fatto non possa essere accaduto dopo il 2012, cioè da quando lui è entrato nella proprietà dell’azienda.
Per il periodo messo in discussione dall’uomo, il vicepremier prende le distanze affermando: “Io e mio padre per anni non ci siamo neanche parlati. Non c’è stato un bel rapporto per molto tempo, è migliorato negli ultimi anni”.
Il ministro, comunque, dopo la trasmissione – in un post su Facebook – ammette l’errore del padre e garantisce tutte le verifiche necessarie al caso.
Lavoro nero nell’azienda del padre di Di Maio: altri casi
Ci sarebbero “almeno” altri tre dipendenti in nero nell’azienda di Antonio Di Maio, padre del ministro del Lavoro. È quanto racconta la nuova puntata delle Iene, in onda martedì 27 novembre 2018 nella quale gli inviati smentirebbero la versione del ministro, per il quale “si tratta di un caso isolato”.
Oltre all’ormai famoso operaio di Pomigliano ci sarebbero quindi altri tre lavoratori senza contratto nell’azienda di famiglia.
L’accusa di abusivismo e il sequestro dei terreni di Antonio Di Maio
La mattina del 29 novembre gli agenti della Polizia municipale si sono recati a Mariglianella (Napoli) nello stabile di cui è proprietario, al cinquanta per cento, il padre del vicepremier Luigi Di Maio, Antonio.
Alla vista dei giornalisti diverse persone hanno invitato i cronisti ad allontanarsi: “Di Maio è l’orgoglio della nostra nazione”.
Gli agenti della Polizia municipale hanno parzialmente sequestrato il terreno a Marignanella posseduto al 50% dal padre del vicepremier Luigi Di Maio, Antonio, sede della impresa di costruzioni di cui era titolare.
“Abbiamo sequestrato delle aree per la presenza dei rifiuti inerti e abbiamo preso le misure sugli immobili presenti per le verifiche con l’ufficio tecnico”, spiega Andrea Mandanici, comandante della polizia municipale di Mariglianella che ha effettuato il sopralluogo.
Gli agenti stanno inoltre verificando se tre manufatti all’interno del terreno al civico 69 di via Umberto siano abusivi o meno.
Nel mirino i terreni di Antonio Di Maio a Mariglianella
Secondo quanto denunciato da il Giornale nel mirino ci sarebbro i terreni che sono stati acquistati circa 18 anni fa. I vigili stanno per questo controllando i dati catastali. Secondo quanto riporta il quotidiano, dai documenti dell’Agenzia delle Entrate Antonio Di Maio sarebbe proprietario di due “particelle” di terreno. E su queste non dovrebbero esserci manufatti o immobili. Eppure dalle mappe satellitari appare una struttura in muratura.
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