Il nome di Stefano Cucchi, il ragazzo arrestato il 15 ottobre 2009 e deceduto sette giorni dopo in ospedale, è stato cancellato col bianchetto dal registro delle persone sottoposte a fotosegnalamento durante l’arresto, in una pratica definita “non regolare” dai carabinieri sentiti in udienza.
Mancano quindi tracce scritte del passaggio di Cucchi dalla compagnia Casilina per gli accertamenti fotosegnaletici e dattiloscopici.
Come hanno ribadito alcuni militari dell’Arma in servizio il giorno dell’arresto di Cucchi, si tratta di “una pratica non regolare”.
I carabinieri sono stati ascoltati oggi, 11 luglio, alla Prima Corte d’Assise di Roma nell’udienza del processo che vede imputati cinque carabinieri per la morte del geometra romano.
Sul registro dei fotosegnalamenti, un rigo è cancellato con il bianchetto: sotto alla casella con il nome di Misic Zoran si intravede, eliminato successivamente, quello di Stefano Cucchi.
“Non è una pratica normale, può capitare che il fotosegnalamento non avvenga per problemi ai sistemi informatici, ma in genere si cancella il nome con una riga orizzontale, non con il bianchetto”, ha spiegato uno dei carabinieri ascoltati.
Nel registro ci sarebbero comunque altri nomi cancellati parzialmente con bianchetto ma il pm Giovanni Musarò ha fatto notare che quello di Cucchi è interamente cancellato.
Durante l’udienza di oggi è emerso inoltre che Raffaele D’Alessandro, uno dei carabiniere accusati del pestaggio ai danni del geometra, avrebbe minacciato il suicidio con la pistola mentre si stava separando dalla moglie.
Per questo, nel 2013 D’Alessandro fu spostato di mansione e destinato ad un incarico in ufficio. L’ex moglie, preoccupata perché potesse compiere con la pistola gesti estremi verso sè stesso o la famiglia, aveva riferito l’episodio a un superiore del carabiniere.
L’inchiesta bis sulla morte di Stefano Cucchi è stata chiusa il 17 gennaio 2017 con l’ipotesi che il geometra sia stato picchiato a morte dai militari dell’Arma che lo avevano fermato.
Il 10 luglio 2017, il gup del tribunale di Roma ha disposto il rinvio a giudizio dei carabinieri imputati nell’ambito dell’inchiesta bis sulla morte di Stefano, accogliendo la richiesta della procura di Roma avanzata a febbraio 2017.
Il procedimento, coordinato dal pubblico ministero Giovanni Musarò vede i tre carabinieri Alessio Di Bernardo, Raffaele D’Alessandro e Francesco Tedesco accusati di omicidio preterintenzionale e abuso di autorità. Tedesco dovrà anche rispondere, insieme al maresciallo Roberto Mandolini, di falso e calunnia, mentre il carabiniere Vincenzo Nicolardi è imputato per calunnia.