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Carceri, Antigone: “L’attività criminale non è in aumento, cala il numero di stranieri detenuti”

Credit: Alberto Pizzoli/Afp/Getty

Il rapporto semestrale dell'associazione Antigone sottolinea come non ci sia un'emergenza immigrazione. Ma denuncia: in molti istituti sovraffollamento e condizioni di vita insostenibili

Di Marta Facchini
Pubblicato il 30 Lug. 2018 alle 15:41 Aggiornato il 25 Lug. 2019 alle 13:57

Calano gli ingressi in carcere: nei primi mesi del 2018 sono stati 24.380, una diminuzione rispetto al primo trimestre del 2017, quando erano arrivati a 25.144. È quanto emerge dall’ultimo rapporto semestrale dell’associazione Antigone, per la quale i numeri non indicano un’attività criminale in aumento anche se, di poco, continuano a salire i detenuti, aumentati di circa 700 unità negli ultimi 5 mesi.

“Non c’è un’emergenza stranieri e non c’è un’emergenza sicurezza connessa agli stranieri”, ha sottolineato Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione. “La detenzione degli stranieri in Italia è diminuita di oltre 2 volte negli ultimi 10 anni. Se nel 2008 il tasso di detenzione era dello 0,71 per cento, al 30 giugno di quest’anno il tasso è dello 0,33 per cento. I detenuti stranieri sono addirittura diminuiti in termini assoluti rispetto al 2008”.

Gli stranieri, oggi, sono il 33,8 per cento della popolazione detenuta, quelli non europei sono 13.490, ossia il 22,9 per cento del totale dei reclusi.

È straniero il 44.64 per cento dei detenuti cui è stata inflitta una pena inferiore a un anno (e dunque per reati di scarsa gravità) e solo il 5,6 per cento degli ergastolani. Considerando i reati più gravi, come la criminalità organizzata, il 98,75 per cento dei detenuti condannati per tali delitti è italiano e solo l’1,25 per cento non lo è. Inoltre, gli stranieri costituiscono il 37,3 per cento dei detenuti per violazione della legge sulle droghe, che sono complessivamente 20.525.

Secondo l’associazione, i dati sono spiegabili attraverso il patto di inclusione. “Regolarizzare la posizione degli stranieri e integrarli nella società riduce di molto i tassi di criminalità. Un esempio è quello dei rumeni che in soli cinque anni sono oltre 1.000 in meno nelle carceri, mentre la loro presenza in Italia è andata crescendo”, si legge in una nota.

Antigone afferma che sono solo 74 i detenuti che provengono dalla Siria e 78 quelli che provengono dall’Afghanistan. Il loro tasso di detenzione, è scritto nel rapporto, “resta basso nonostante violenze, torture, devastazioni, morti in famiglia”. Sono invece 651 i detenuti egiziani “che non devono essere rimpatriati visto il rischio di tortura nel paese che ha torturato e ucciso Giulio Regeni”, rileva l’associazione.

In alcune carceri, si registrano ancora difficili condizioni di vita: nel 33 per cento dei luoghi visitati non funziona a norma il riscaldamento d’inverno e nel 26,7 per cento non c’è acqua calda in alcune celle. Nel 63,3 per cento delle carceri ci sono celle senza doccia e nel 53,3 per cento ci sono celle in cui le finestre presentano schermature che riducono l’ingresso di aria e luce naturale.

Nell’75,9 per cento dei casi, inoltre, mancano luoghi di culto per i detenuti non cattolici, mentre “la radicalizzazione si combatte riconoscendo i diritti religiosi”, spiega Antigone. Nell’10 per cento delle carceri visitate, per i detenuti di fede islamica non è previsto tutto l’anno un menù rispettoso dei loro precetti e nel 13,3 per cento non entra alcun ministro di culto diverso dal cappellano cattolico.

Per quanto riguarda il lavoro dei detenuti, la media di chi lavora alle dipendenze dell’amministrazione è pari al 33,4 per cento. Un dato che include anche quelli che lavorano per poche ore alla settimana o al mese. La percentuale di chi lavora per ditte private o soggetti esterni è pari al 3 per cento e ci sono regioni, come la Sicilia, “dove tutto è fermo”, emerge dal dossier.

“Preoccupante”, secondo Antigone, è la percentuale dei detenuti coinvolti in corsi di formazione professionale, che nelle carceri visitate è pari al 4,8 per cento.

Quanto alle comunicazioni, nel 90 per cento delle carceri visitate non è possibile effettuare colloqui via Skype con i familiari e un “limitato accesso ad Internet” è ammesso solo nel 6,7 per cento degli istituti di pena.

Dall’inizio dell’anno Antigone ha registrato 27 suicidi in carcere.

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