Nella mattina del 17 gennaio 2019 la polizia di Stato di Latina ha smantellato un’organizzazione attiva nelle campagne del Lazio che sfruttava i migranti, costringendoli a lavorare “in condizioni disumane”.
Trasportati nei campi a bordo di pulmini sovraffollati, senza alcun sistemi di sicurezza, 12 ore al giorno e una paga inferiore alla metà rispetto a quella che dovrebbe essere garantita dal contratto collettivo nazionale: queste le condizioni imposte da sei italiani a cui erano costretti a sottostare i lavoratori.
Un vero e proprio sistema di caporalato retto “anche grazie alla copertura di esponenti sindacali e dell’Ispettorato del lavoro infedeli”, secondo quanto rivelato dagli investigatori.
Nella rete di sfruttamento erano finito circa 400 stranieri, prevalentemente romeni e nordafricani, che lavoravano per la Agri Amici Società Cooperativa di Sezze. Si tratta in realtà di una cooperativa di copertura, dietro la quale si nascondeva una centrale di caporalato
Gli stranieri erano costretti a “sottostare a regole disumane, a cui non venivano garantiti i più elementari diritti previsti dall’ordinamento giuridico e venivano costretti ad iscriversi al sindacato dietro la minaccia del licenziamento, in modo che quest’ultimo percepisse non solo le quote di iscrizione ma anche ulteriori introiti economici connessi alla trattazione delle pratiche finalizzate ad ottenere le indennità di disoccupazione”
L’indagine ha anche rivelato che alcuni dei braccianti sfruttati dall’organizzazione provenivano anche dai Centri di accoglienza straordinaria ed erano in attesa del riconoscimento della protezione internazionale.
L’indagine è stata avviata alla fine del 2017 nell’ambito dell’operazione “Freedom” per il contrasto del fenomeno del caporalato e dello sfruttamento del lavoro.
La notizia degli arresti è stata commentata dallo scrittore Roberto Saviano: “Questa vittoria della Polizia di Stato e dello Sco non la troverete nel quotidiano Bollettino Sovranista. Per questi arresti Salvini non festeggerà e non indosserà alcuna divisa”.
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