Capitana Carola sessismo uomini donne | Gli uomini italiani hanno un problema con le donne forti?
Non so se sia più una domanda o un’affermazione, ma il tema è ormai evidente e richiede una riflessione.
Prima ancora di cadere nella trappola della generalizzazione e nel conseguente corto circuito informativo, bisogna dire una cosa: i social media e le televisioni continuano a essere i maggiori bacini per attingere informazioni, e sempre in questi bacini la quantità di insulti, critiche, offese, violenze che le donne subiscono e che possiamo individuare è in preoccupante crescita.
Capitana Carola sessismo uomini donne | La destra italiana è il nulla cosmico, e lo si capisce osservando i suoi nemici. Di G. Cavalli.
Non sono la Bibbia, non sono lo specchio della società in toto, uomini e donne italiane collaborano, lavorano, integiscono e si rispettano ogni giorno in questo paese, e sono un numero decisamente rispettoso.
Ma ciò che si evince dai comportamenti che tolleriamo o condanniamo solo in modo temporaneo, non è più qualcosa che può essere ignorato.
Cosa succede – puntualmente – quando una donna in Italia osa affermare in modo netto le proprie idee e posizioni? Cosa accade quando una donna semplicemente – pensare come suona strano questo avverbio – emerge per le proprie capacità in attività che per decenni sono state di esclusivo appannaggio maschile?
Qual è la reazione più comune per controbattere a una donna con la quale si è disaccordo se non partire con offese personali, critiche al modo di vestire, osservazioni sul tono di voce o sul tipo di trucco?
Per non parlare di quando una donna osa rifiutare un uomo. Ma quella è un’altra storia, attiene alla violenza in senso stretto e merita un discorso molto più complesso e articolato.
Restiamo nell’alveo di quello che connota il linguaggio della nostra società in Italia: le donne che intraprendono una carriera “tipicamente maschile” o che assumono posizioni di comando, o che compiono atti contrari al pensiero unico, vengono metodicamente offese, denigrate, retrocesse.
Se sentite che l’articolo vira verso il qualunquismo forse conviene chiuderlo, ma dalla mia ho troppi esempi per essere intrappolata in questa definizione. Quindi consiglio di procedere con la lettura.
Partiamo dalla fine. Carola Rackete: tema ostico.
La capitana della Sea Watch con a bordo 42 migranti ha disubbidito al ministro Salvini e con la sua nave ha forzato il blocco entrando in acque italiane con destinazione Lampedusa, dove è arrivata nel pomeriggio di mercoledì 26 giugno.
La sua determinazione, la fermezza e la lucidità delle dichiarazioni rilasciate, il modo conciso con il quale ha risposto alle domande la rendono praticamente inattaccabile. Eppure, proprio questa forza immensa che emana, indispettisce.
“Stronzetta irrispettosa”, “tro**”, “baldracca”, “putt***”, “zecca viziata”, “una che dopo 14 giorni in mare non ce la fa più a reggere 42 migranti” ( suggerendo che la donna abbia avuto rapporti sessuali con i naufraghi a bordo). Sono alcuni commenti rivolti alla donna su Twitter.
E ancora.
D’altronde, il ministro dell’interno Matteo Salvini, il vicepremier Matteo Salvini, l’ha definita “sbruffoncella”. Nella sua retorica d’attacco, la critica migliore che è riuscito a produrre è stato di tipo personale. Per il ministro, entrare nel merito rispetto a tematiche d’attualità è una richiesta che diventa pura utopia quando al tema migranti affianchi la determinazione femminile.
Non è un caso se la dialettica leghista è finemente intrecciata a quella di personaggi come il ministro Fontana o Pillon, fomentati da persone che per la donna hanno stabilito l’unica funzione utile: la riproduzione.
Capitana Carola sessismo uomini donne | Sea Watch, la capitana Rackete indagata per favoreggiamento e violazione del codice della navigazione
Ma il ministro Salvini non è certo il vincitore. Ne abbiamo di migliori, illustri filosofi mi vengono in aiuto per sostenere, con il loro esempio, la mia tesi: Diego Fusaro ci spiega come attaccare una donna forte quando non si riesce a colpirla nel merito.
Ma procediamo.
“Ogni qualvolta si disputi una partita del mondiale di calcio femminile in corso, sul web piovono attacchi e insulti maschilisti nei confronti delle giocatrici. Le atlete che in questi giorni scendono in campo con la maglia della Nazionale non solo devono subire la vergognosa realtà dei fatti che vuole i loro salari inferiori rispetto ai colleghi di sesso maschile, ma sono costretta a ricevere ogni volta un’ondata di sessismo imbarazzante”, scrive giustamente la collega Mastronicola.
Nei momenti dell’esultanza delle azzurre, che hanno battuto le cinesi per 2 a 0, qualcuno ha scritto: “E ora tutte a casa a preparare la cena!!!”. “Quando giochi a calcio perché ci sono i falli”, scrive un altro simpatico utente.
“Femminilità delle calciatrici: zero assoluto! Prosegue l’opera a reti unificate di mascolinizzazione delle donne e di femminilizzazione del maschio”, si legge in un altro interessante commento. “Clitoridi calienti”, è un altro dei commenti che si trovano sul web.
Molto cavalcata dai sessisti da tastiera con il testosterone a mille è anche la credenza che se le donne giocano a calcio sono automaticamente lesbiche: “E dopo la vittoria orgia lesbo negli spogliatoi”, scrive qualche utente.
Ma forse, ai fini del mio ragionamento, basta fermarsi a questo commento: “quello giocato dalle donne non è calcio”. Fin quando 11 persone corrono dietro a un pallone e cercano di fare goal alla squadra avversaria – mi duole deludervi – quello è calcio.
E lo è molto di più, se vogliamo, perché è ancora sufficientemente scevro da certe logiche meramente commerciali, ancora abbastanza puro da poter essere definito “sport”, nell’accezione più bella del termine. Quella che attiene all’intrattenimento e al divertimento.
Un altro curioso caso ha attirato la mia attenzione: pare che ora, in una cittadina del nord Italia (Cittadella), per fare le vigilesse sia necessario indossare un certo tipo di intimo e stare molto attente al look.
In verità il regolamento doveva essere approvato giovedì 27 giugno, ma il Comune, contattato da TPI, non è stato in grado di trasmettere l’informazione se il consiglio comunale lo abbia poi approvato o meno.
Secondo quanto previsto dalla norma, le donne devono obbligatoriamente indossare biancheria intima, in particolare il reggiseno, che dovrà essere di un colore neutro per non creare “turbamento” nei confronti dei cittadini.
Stesso discorso per i collant, di colore beige o carne, da mettere sia in estate che in inverno a meno che non vi siano delle disposizioni mediche che li vietino.
Disposizioni anche sui capelli, il cui taglio non “deve essere bizzarro o inusuale”, meglio se “ordinati” e “ben curati”. Ammessa la tinta a patto che sia di colore naturale.
La frangia, invece, non deve “eccedere al di sotto delle sopracciglia”, mentre i capelli lunghi devono essere raccolti in una coda di cavallo o in una treccia purché vengano utilizzati “accessori di dimensioni ridotte e di colore tale da risultare poco appariscenti”.
Se non fosse drammatico, farebbe anche ridere. Ma è drammatico.
È drammatico perché se io donna provo a valicare il fossato che mi è stato diligentemente scavato intorno, la levata di scudi è primordiale.
È drammatico perché in questo modo una donna forte, che altro non è se non semplicemente una donna che vuole vivere al pari di un uomo, suscita e susciterà sempre sentimenti di paura, di attacco, di esclusione. Nel migliore dei casi – ma forse anche nel peggiore – di sottomissione maschile travestita da passività.
Questo non può essere il mio Paese, non quello dove la forza delle mie idee viene scavalcata dalla paura che a dirle sia una donna che ha semplicemente scelto di non essere figurante ma protagonista.
Penso a Greta Thunberg, penso a Michela Murgia, la scrittrice e critica letteraria pesantemente attaccata solo per aver scritto un articolo che sintetizzava il suo intervento a Bologna in piazza Maggiore per la Repubblica delle Idee.
“Speriamo che ti violentano”. Le frasi shock rivolte a Michela Murgia sono comparse sul gruppo Facebook “Uniti a Salvini” che conta oltre 13mila seguaci.
“Ha due guanciotte giuste da riempire di schiaffoni”, “Da un nero ti devi trafiggere”, “questa vuole i migranti per altri motivi personali”, “fatti curare deficiente, spero che tutto ciò ti si ritorcerà contro”, “Sembri un cesso plastificato”, si legge tra i vari commenti.
Quindi il quesito è: cosa che spaventa tanto gli uomini? Il pericolo che vi sottraiamo spazi di potere? La necessità di confrontarvi su livelli discorsivi differenti? Il timore di inciampare nei vostri limiti? La sensazione di non poter esercitare più il monopolio?
La paura nei confronti di persone o cose nasce sostanzialmente sempre dalla mancanza di conoscenza. Nessuno chiede agli uomini di abbandonare il proprio ruolo. Nessuno sta chiedendo di invertire le parti e giocare al rovescio.
La somma dei fattori può restituire un risultato positivo. Difficile, ma positivo.
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