La lattina si fa cara.
Una proposta firmata da Movimento 5 Stelle e Lega allegata alla Manovra, approvata in commissione Finanze e che dovrà essere esaminata dalla commissione Bilancio, prevede una tassa sulle bibite gassate per coprire l’esclusione del regime Irap per le partite Iva fino a 100mila euro.
L’emendamento, a prima firma dell’esponente grillini Carla Ruocco e sottoscritto da alcuni deputati leghisti, prevede come copertura principale la revisione delle spese fiscali.
Una mossa che al momento stando al testo sarebbe quindi più di natura economica che legata alla salute.
In Francia ad esempio le cose sono andate in maniera diversa: la lotta all’obesità ha spinto le autorità francesi a proibire a locali pubblici e ristoranti di servire quantità illimitate di bibite gassate (e zuccherate) a prezzo fisso o gratuitamente.
La nuova normativa è entrata in vigore a gennaio 2017 ed è volta a “limitare, specialmente tra i giovani, i rischi connessi all’obesità, al sovrappeso e al diabete”.
L’Organizzazione mondiale per la sanità (Oms) ha messo in relazione tali disturbi con le bevande gassate, contenenti zucchero o dolcificanti.
Bibite gassate in Italia: come sta il mercato dei soft drink
I numeri in Italia non parlano di abuso: gli italiani sono infatti penultimi in Europa per consumi di bibite gassate, dati agosto 2018.
Leggiamo da Repubblica:
“Secondo uno studio di Assobibe, associazione confindustriale delle imprese delle bevande analcoliche, i volumi di vendita del loro mercato di riferimento sono in calo del 25% dal 2009 a oggi: l’Italia si colloca al penultimo posto in Europa per consumi pro-capite di bibite gassate.
Resta, sottolinea l’associazione, un settore che “genera un valore complessivo, diretto e indiretto, di 4,9 miliardi di euro, pari allo 0,29% del PIL nazionale e contribuisce alle casse dello Stato per 2,3 miliardi di euro di entrate fiscali e contributive”, come ricorda il direttore generale Assobibe, David Dabiankov.
Il conto dei denari versati alle casse dello Stato arriva invece dalla somma di imposte sul reddito da lavoro e da impresa per 1,2 miliardi, mentre l’Iva (che è al 22% contro una media – denuncia l’associazione – europea al 10%) totalizza circa 1,1 miliardi”.