I genitori di Giulio Regeni, il ricercatore italiano morto in Egitto all’inizio del 2016 in circostanze ancora non chiare, sono pronti a tornare al Cairo per trovare la verità sull’atroce morte del figlio.
Il viaggio di Paola Deffendi e Claudio Regeni è previsto per i primi di ottobre, ma se necessario sono disposti a partire prima.
“A noi interessa capire veramente perché e chi ha dato l’ok a prenderlo, torturarlo e ucciderlo”, ha dichiarato ai microfoni Radio Rai News 24 la madre di Giulio, nel giorno in cui alle polemiche sulla decisione italiana di rimandare l’ambasciatore al Cairo si sono aggiunte quelle scatenate dalle rivelazioni del New York Times.
La notizia è stata confermata a TPI dal legale della famiglia Regeni, l’avvocata Alessandra Ballerini. La legale ha detto che la scelta della partenza per il Cairo era già stata presa dalla famiglia Regeni, ancor prima della notizia del rientro dell’ambasciatore italiano in Egitto.
I genitori di Giulio sono convinti che la verità è vicina e per questo motivo hanno sottolineato la necessità della scorta mediatica, sia qui in Italia, sia nei giorni in cui saranno al Cairo.
Sarà un viaggio difficile per i coniugi Regeni che, nonostante il dolore per visitare luoghi così incisi nei ricordi peggiori della loro memoria, sono intenzionati ad andare fino in fondo. “Un viaggio complesso e doloroso”, spiega l’avvocata Ballerini.
I genitori del giovane italiano sostengono di avere ben tre nomi di ufficiali egiziani che sono stati sicuramente coinvolti nella morte del figlio, ha confermato inoltre l’avvocata.
Secondo Ballerini, i tre ufficiali sono nomi noti, che emersero già all’epoca delle prime indagini svoltesi nei mesi successivi alla morte di Giulio.
Ad aprile 2017, un approfondito articolo di Repubblica metteva in luce che le indagini difensive avevano svelato due possibili sospetti: il colonnello della National Security, Sharif Magdi Ibrqaim Abdlaal, che aveva coordinato l’operazione di spionaggio su Giulio e che aveva agganciato nelle settimane precedenti la scomparsa di Giulio amici egiziani del giovane ricercatore.
L’altro nome potrebbe essere quello del colonnello Mahmud Hendy, l’ufficiale che aveva collocato i documenti di Giulio nella casa del presunto capo della banda coinvolta falsamente nella morte di Regeni, lo stesso ufficiale che nel 2016 aveva accolto la squadra investigativa italiana negando che l’intelligence egiziana avesse mai avuto a che fare con Giulio.
Secondo una testimonianza data all’Espresso, i documenti di Giulio erano stati estratti dalla tasca dell’ufficiale Mahmud Hendy e messi in quella casa per fornire l’ennesima “non verità”. Il colonnello Mahumud Hendy, inoltre, era in contatto con uno degli uomini della polizia egiziana chiamato da Muhammad Abdallah per riprendersi il video in cui registrava di nascosto Giulio.
Proprio Muhammad Abdallah, potrebbe essere il terzo nome. Lui, il finto venditore ambulante che Giulio aveva contattato per la sua ricerca sui venditori di strada e che in realtà lo spiava per trasmettere le informazioni all’agenzia di sicurezza nazionale.
Lo stesso uomo, utilizzando una telecamera nascosta, aveva registrato la sua conversazione con Regeni. A Abdallah era stata promessa una ricompensa dal colonnello Sharif Magdi Ibrahim Abdlaal, una volta chiuso il caso Regeni.
Ma le persone coinvolte potrebbero essere molte di più. A giugno 2017, l’avvocata Ballerini in un’audizione al Senato, rivelava: “Sappiamo, ed è dolorosissimo, che per paura o per varie forme di meschinità anche molti amici egiziani di Giulio lo hanno tradito o venduto”.
Tra questi, come rivela anche l’ultima inchiesta del New York Times, potrebbe esserci l’ex coinquilino di Giulio Regeni, l’avvocato Mohamed El Sayad, che secondo l’articolo, ha permesso ai funzionare dell’agenzia di sicurezza nazionale egiziana di ispezionare il loro appartamento.
Nelle settimane che seguirono la morte di Giulio, le intercettazione telefoniche hanno rivelato che l’uomo parlò con due ufficiali della agenzia di sicurezza nazionale egiziana.
I genitori di Giulio seguiranno la loro pista investigativa, che non necessariamente coinciderà con quella dell’intelligence italiana. Attualmente la famiglia non ha fatto sapere se collaborerà con l’ambasciatore italiano e con la figura che è stata predisposta al suo fianco per le indagini sul caso Regeni.
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