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“Ricorderò il tuo impegno anche quando non c’erano i soldi ma solo la passione”, l’amico ricorda Antonio

Andrea Fioravanti e Antonio Megalizzi
Di Clarissa Valia
Pubblicato il 15 Dic. 2018 alle 12:08 Aggiornato il 15 Dic. 2018 alle 12:14

“Antonio non meritava di finire su tutti i giornali per una insulsa pallottola di un terrorista. Meritava di raccontare l’Europa e il mondo come sognava di fare per lavoro. Sognava di farlo per sempre”.

Andrea Fioravanti, giornalista di Europhonica e amico di Antonio Megalizzi ricorda il collega morto nell’attentato ai mercatini di Natale di Strasburgo venerdì 14 dicembre 2018.

“Se scrivo è solo perché tutti devono sapere chi abbiamo appena perso”. Comincia così la lettera che Andrea Fioravanti ha deciso di pubblicare per ricordare Antonio.

Come lui anche alcuni amici di Trento hanno deciso di dedicargli un pensiero. Sulla porta della casa della famiglia Megalizzi in via Centa a Trento è stata affissa una dedica molto toccante per il giovane reporter.

Ecco la lettera di Andrea Fioravanti per Antonio Megalizzi

“Se scrivo è solo perché tutti devono sapere chi abbiamo appena perso. Antonio Megalizzi non era solo un collega o un amico: era un fratello. Antonio era il migliore tutti noi. Amava la radio, la politica, il giornalismo, l’Europa. Chi non lo conosce non apprezzerà mai la sua voce unica, il suo sguardo ironico sul mondo, la sua grazia ed empatia con le persone, la sua voglia di raccontare la realtà.

Non scorderò mai, mai, mai i nostri discorsi a occhi aperti in un Parlamento europeo vuoto con le luci soffuse, quando tutti erano già andati a cena. C’eravamo solo noi e gli inservienti, fino a tardi a preparare le interviste del giorno dopo, ad arrovellarci su come rendere semplice il linguaggio degli eurocrati per i nostri coetanei. Eravamo lì a sognare di diventare grandi giornalisti. Lui lo era già.

Non scorderò mai come preparava con professionalità, lucidità, con amore da artigiano della parola le dirette e le interviste agli eurodeputati. Riusciva sempre a stemperare la tensione, ad alleggerire, a semplificare. Non scorderò mai quella corsa divertita per intervistare Farage, quegli sguardi complici in mille dirette dal Parlamento per non sovrapporci, le riunioni fiume, le risate, i commenti ironici su whatsapp, i nostri pranzi e cene in mezza Europa davanti a una mensa, un piatto di canederli o un panino di autogrill prima di partire in bus, treno o auto verso la diretta successiva. Ricorderò tutto, anche le nostre chiacchierate con Bartek e i suoi folli tour culturali per Strasburgo che prendevamo in giro ma in fondo amavamo. Ricorderò tutto perché sei vivo nei miei ricordi, nei nostri ricordi.

Ogni giorno degli ultimi tre anni abbiamo costruito da zero un progetto a cui non credeva nessuno. Nessuno. Volevamo raccontare l’Europa e la sua politica ai nostri coetanei.

Antonio non meritava di finire su tutti i giornali per una insulsa pallottola di un terrorista. Meritava di raccontare l’Europa e il mondo come sognava di fare per lavoro. Sognava di farlo per sempre. Sognava un’Europa diversa e io non lascerò morire quell’idea. Noi di Europhonica non permetteremo che tutto sia vano.

Il Parlamento europeo dovrebbe intitolarti mille borse di studio, l’Aula di Strasburgo per la tua voglia, il tuo impegno anche quando non c’erano i soldi ma solo la passione.

Abbiamo perso il migliore di noi. Il migliore. Ho perso un fratello. Ciao Antonio. Nec flere, nec ridere, sed intelligere. [Non ridere né piangere ma capire] Sarà difficile ma lo farò per te, con la tua ironia. Ti voglio bene”.

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