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Gli angeli di Mattarella, le interviste di TPI ai giovani eroi della Repubblica: Riccardo Muci

Riccardo Muci
Di Claudia Nanni
Pubblicato il 15 Gen. 2019 alle 15:02 Aggiornato il 25 Gen. 2019 alle 14:15

“Nell’aria un forte odore di catrame e benzina. Capisco che è successo qualcosa di grave, ma non mi aspetto una scena simile”. Riccardo Muci ha 31 anni viene da Copertino, provincia di Lecce. È un agente scelto della polizia di Stato. Non dimenticherà mai quel 6 agosto 2018, il giorno dell’incidente sul raccordo autostradale di Casalecchio di Reno (Bologna) dove la collisione tra mezzi pesanti ha provocato la maxi esplosione di una autocisterna che trasportava Gpl, uccidendo una persona e ferendone 140.

Prima di Capodanno, il 29 dicembre 2018, l’agente Muci è stato nominato dal presidente Sergio Mattarella Cavaliere della Repubblica per il coraggio e l’altruismo dimostrato sul raccordo di Casalecchio trasformato in un inferno di fuoco.

Quella all’agente Muci è la prima intervista di TPI della serie “Gli angeli di Mattarella“, i più giovani tra gli “eroi” nominati cavalieri della Repubblica dal Capo dello Stato.

Un’autocisterna si è da poco schiantata su altri mezzi pesanti. Un pauroso tamponamento, una palla di fuoco, un’esplosione devastante. Muore l’autista dell’autocisterna, una marea di feriti: 140. Riccardo ricorda ogni particolare di quel tragico giorno

“Due del pomeriggio. Sono nel quartiere di Borgo Panigale per un’attività di controllo. Noto una colonna di fumo e penso a un edificio in fiamme. Seguo la scia e arrivo al cavalcavia. Proprio sotto al punto dell’incidente. Qualche metro sopra la mia testa è da poco avvenuto l’incidente. Nell’aria c’è odore di catrame e benzina. Mando il collega a chiudere la strada e cerco di mettere al sicuro le persone. Quando tutto esplode sono a lì pochi metri. L’onda d’urto mi investe e mi scaraventa lontano. Il mio collega mi rialza e insieme aiutiamo i feriti. Sento l’odore della mia carne che brucia. Ho paura, ma resisto finché le forze non mi abbandonano”.

Poi la corsa in ospedale…

“Sono stato portato all’Ospedale Maggiore di Bologna e poi al centro grandi ustionati di Cesena dove sono rimasto 22 giorni. Operato a entrambe le braccia. Ancora oggi sono in convalescenza e sto seguendo trattamenti dermatologici e fisioterapici”.

Sono passati cinque mesi. Restano ferite fisiche e morali. Pensa spesso a quei minuti infernali?

“Impossibile dimenticare. Rivivo ogni giorno quell’inferno. Ero consapevole del rischio ma non ho mai avuto dubbi: dovevo intervenire per aiutare quelle persone. Ero ferito anch’io e sentivo che le forze mi stavano abbandonando. Ho dato il massimo e tornando indietro rifarei le stesse cose”.

Come ha saputo della nomina a Cavaliere?

“La Questura di Bologna mi ha dato la notizia poi è arrivato il telegramma del Quirinale. Ho provato felicità e orgoglio come cittadino e come poliziotto. Un titolo di “Cavaliere” che cercherò di onorare ogni giorno. Adesso non vedo l’ora di entrare al Quirinale per stringere la mano al Presidente. La cerimonia ci sarà probabilmente a febbraio”.

Ha mostrato grande coraggio e altruismo. Complimenti, Cavaliere.

“Quello che mi è capitato dimostra che l’altruismo è alla base del rapporto umano, siamo fatti di emozioni e dobbiamo sempre ricordarcelo”.

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