Il Consiglio regionale del Veneto sta discutendo un progetto di legge, di iniziativa statale, destinato a creare scalpore e che mira a regolamentare la prostituzione.
Nello specifico, il Pdl presentato dal consigliere Antonio Guadagnini (Siamo Veneto) prevede la creazioni di un apposito albo per chi svolge questo lavoro.
Secondo quanto riportato dal Gazzettino, il progetto di legge è stato analizzato dalla commissione Sanità del Consiglio comunale il 14 febbraio 2019 e la regolarizzazione prevede che la prostituzione possa essere esercitata anche in “forme associate”, ma senza turbare “la quiete, la sicurezza, e l’ordine pubblico”.
Chi guadagna attraverso il sesso a pagamento è anche tenuto al pagamento degli oneri per sanità, previdenza e fisco, e avrebbero l’obbligo di mantenere la totale riservatezza dell’identità dei clienti.
Inoltre la proposta di legge prevede l’istituzione di un certificato di idoneità sanitaria.
Il tema della legalizzazione della prostituzione è tornato al centro dell’agenda mediatica e politica nelle ultime settimane dopo che la Lega ha proposto di liberalizzare la prostituzione per “combattere l’esercizio della professione secondo le modalità vigenti”.
In particolare il Carroccio vorrebbe riaprire la case chiuse, quindi vietando per legge “la pratica nei luoghi pubblici”.
>Perché le case chiuse si chiamavano così?
Regolamentando il fenomeno la Lega punta anche a garantire importanti introiti alle casse dello Stato.
Si tratta di “un gesto di civiltà nei confronti delle prostitute che si trovano per strada” e, soprattutto, “per il decoro e l’immagine delle strade stesse”, ha spiegato all’Adnkronos il senatore Gianfranco Rufa, segretario nella Commissione parlamentare d’inchiesta sul femminicidio.
Alla base del progetto della Lega vi sarebbe l’istituzione di un registro il cui obiettivo è “garantire tanto i clienti che coloro che, in questo modo, svolgerebbero la professione in maniera sicura, secondo le norme”.
In particolare il testo prevede che “chiunque eserciti la prostituzione è tenuto a sottoporsi ad accertamenti sanitari ogni sei mesi” e “a esibire, su richiesta dell’autorità sanitaria o di polizia, l’ultima certificazione ottenuta”.