Oggi è la giornata internazionale della donna, una ricorrenza che suscita reazioni controverse: festeggiata da alcuni, aspramente criticata da altri. La festa nasce ufficialmente negli Stati Uniti il 28 febbraio del 1909. È istituita dal Partito Socialista americano, che in quella data organizza una grande manifestazione in favore del diritto delle donne al voto. Ma è solo grazie a una protesta scoppiata a San Pietroburgo, in Russia, per chiedere la fine della guerra, che viene scelta la data attuale.
La giornata internazionale della donna è un’occasione per fare il punto sulle conquiste femminili in campo politico, sociale ed economico. Un giorno in cui vengono ricordate le rivendicazioni, le discriminazioni subìte per millenni, i diritti ottenuti e quelli ancora non riconosciuti. Il primo Paese a concedere il diritto di voto alle donne è la Nuova Zelanda nel 1893. Qui la percentuale di donne che ricopre incarichi ministeriali è del 29 per cento; in parlamento sale al 34 per cento. In Nuova Zelanda esistono leggi contro la violenza domestica, le molestie sessuali e lo stupro coniugale. La disoccupazione eguaglia quella maschile: si attesta infatti sul 4 per cento.
L’Australia concede il diritto di voto alle donne nel 1902. Nel Paese il 23 per cento delle donne occupa posizioni ministeriali e il 28 siede in parlamento. La disoccupazione femminile supera di un punto percentuale quella maschile: 5 per cento contro 4. In Europa, l’Italia si classifica abbastanza bene. Il diritto di voto alle donne viene concesso nel 1945. Anche nel nostro Paese esistono leggi contro le molestie sessuali, lo stupro coniugale e la violenza domestica. Il 22 per cento delle donne ricopre incarichi ministeriali e il 20 per cento è in parlamento.
La disoccupazione femminile si attesta al 9 per cento contro il 6 di quella maschile. L’Italia – fatto curioso – dà i natali alla prima donna laureata della storia: si chiama Elena Lucrezia Corner Piscopia ed è figlia di un’illustre famiglia patrizia del Veneto. Si laurea in filosofia a Padova nel 1678. Sempre in Europa, l’ultimo Paese a concedere il diritto di voto alle donne è la Moldavia nel 1978, preceduta dalla Svizzera nel 1971.
In Medio Oriente un dato preoccupante riguarda Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita, dove le donne ancora non possono votare. In Arabia Saudita non ve ne è nemmeno una che ricopra il ruolo di ministro o sieda in parlamento. Diversa la situazione negli Emirati Arabi Uniti, dove il 17 per cento delle donne occupa posizioni ministeriali e il 23 siede in parlamento. Elevata la disoccupazione femminile: 13 per cento contro il 4 maschile in Arabia Saudita, 7 per cento contro il 3 negli Emirati Arabi. Allarma, infine, il fatto che in entrambi i Paesi manchino leggi contro la violenza maschile sulle donne.