A due giorni dalla Festa della Liberazione che si celebrerà in tutta Italia domani, 25 aprile 2019, Liliana Segre ha ribadito il significato storico, simbolico e politico di questa data.
In un articolo pubblicato ieri su Repubblica, la senatrice a vita ha raccontato quello che il 25 aprile fu per lei, quando ne udì solamente l’eco dal remoto campo di concentramento tedesco in cui era rinchiusa, ancora ragazza.
“Per me il 25 aprile del 1945 non fu il giorno della Liberazione. Non poteva esserlo perché io quel giorno ero ancora prigioniera nel piccolo campo di Malchow, nel Nord della Germania”, scrive.
“A darci qualche notizia furono dei giovani francesi prigionieri di guerra mentre passavano davanti al filo spinato. ‘Non morite adesso!’, scongiurarono alla vista delle disgraziate ombre che eravamo. Tenete duro. La guerra sta per finire”.
Il 25 aprile fu, per questa donna che è fra i 25 bambini italiani sopravvissuti a Auschwitz dei 776 che vi morirono, “un’esplosione di gioia che sarebbe arrivata più tardi, filtrata dai racconti di amici e famigliari”.
La gioia di essere finalmente liberi e non più schiavi, finalmente umani e non più numeri perché, dice la Segre, la libertà è un valore irrinunciabile.
Il racconto prosegue, ricco di dettagli e di memoria. Ed è proprio sulla memoria che l’ormai quasi novantenne insiste.
“Bisogna raccontare alle giovani generazioni cos’è stata la dittatura, soprattutto ora che il saluto romano non stupisce più nessuno. Mi chiedo se a una parte della politica non convenga questa diffusa ignoranza della storia. Chi ignora il passato è più facilmente plasmabile. E non oppone ‘resistenza’”.
Del resto, la senatrice ha ribadito l’importanza di ricordare in un Tweet. Nel post, la foto della tomba di suo padre, vittima dell’Olocausto, e la frase: “Ricordare è dovere”.
Liliana Segre allude con rammarico a una certa tendenza all'”oblio della storia”, che sopravviene quando il tempo – che è crudele – “livella i ricordi e confonde la memoria, mentre le persone muoiono e le generazioni passano”.
Ma lei, che il 25 aprile lo festeggiò in ritardo, afferma: “Da allora non ho mai smesso di sventolare quella bandiera. E ancora oggi mi ostino a spiegare ai ragazzi perché è una festa fondamentale”.
Al ministro dell’Interno Matteo Salvini che ha dichiarato che non festeggerà il 25 aprile “per occuparsi della lotta contro la mafia, che è un problema più reale del fascismo”, Liliana Segre non allude mai direttamente. Un riferimento va però a “qualche ministro che resterà a casa”. “Ma non importa”.
Perché, conclude Liliana Segre, “domani saremo in tanti a provare la stessa unione civile”. Fra i tanti a cui allude la senatrice a vita, ci saranno quei pochi che il 25 aprile 1945 c’erano e possono ancora testimoniare che cosa fu, e i più, cioè le generazioni chiamate a raccogliere quella testimonianza e farne tesoro.
La paura che Liliana Segre esprime è, tuttavia, quella di una certa tendenza a semplificare e minimizzare che sempre più si afferma all’interno del nostro paese. Per esempio, citando ancora la Segre, quando si discute di eliminare la prova di storia all’esame di maturità. O quando, interpretando il suo pensiero, a forza di dire che “il fascismo non è più all’ordine del giorno” si agisce e si pensa come se non fosse mai esistito.
“Buon 25 aprile a tutti”, da Liliana Segre.
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