Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
Home » News

Le 10 frasi più celebri pronunciate da Sergio Marchionne

Sergio Marchionne

L’ex ad di Fca è morto a Zurigo all'età di 66 anni la mattina di mercoledì 25 luglio 2018

Di Gianluigi Spinaci
Pubblicato il 25 Lug. 2018 alle 18:20

Sergio Marchionne è morto. L’ex ad di Fca aveva 66 anni. L’annuncio ufficiale è stato dato da Exor, la holding che controlla il gruppo Fiat Chrysler (Fca), nella mattina di mercoledì 25 luglio 2018.

L’ex amministratore delegato del gruppo Fca era ricoverato da circa un mese nella clinica Universitätsspital di Zurigo, in Svizzera.

Ecco alcune delle frasi più celebri del manager.

“Ho letto in questi anni molti libri sul legame tra la Fiat e l’Italia. La tesi generale è che se la Fiat va bene, l’economia italiana tira, aumentano le esportazioni, aumenta il reddito, crescono i posti di lavoro. Insomma, ciò che è bene per la Fiat è bene anche per l’Italia. Credo sia vero, perlomeno in parte, e comunque ci impegneremo perché ciò accada. Ma credo sia ancora più vero il contrario: ciò che è bene per l’Italia è bene per la Fiat”.

“Concentrarsi su se stessi è una così piccola ambizione”.

“Non possiamo mai dire: le cose vanno bene. Semmai: le cose non vanno male. Dobbiamo essere paranoici. Il percorso è difficilissimo. Siamo dei sopravvissuti e l’onore dei sopravvissuti è sopravvivere”.

“Noi saremo come la musica, improvviseremo, saremo agili, aperti al dibattito, umili, ma impavidi e non ci sarà mai posto per la mediocrità”.

“L’Italia è un Paese che deve imparare a volersi bene, deve riconquistare un senso di nazione”.

“La prospettiva con cui ci si deve muovere non può essere quella assistenziale. La cultura dell’assistenzialismo produce dipendenza e spegne lo spirito di iniziativa e il senso di responsabilità”.

“La leadership non è anarchia. In una grande azienda chi comanda è solo. La ‘collective guilt’, la responsabilità condivisa, non esiste. Io mi sento molte volte solo”.

“Non è licenziando che si diventa più efficienti. Non è il costo del lavoro di per sé che fa la differenza tra un’azienda competitiva e una relegata ai margini del mercato”.

“Le accuse di anti-italianità che ho spesso sentito sono semplicemente assurde. Anti-italiano semmai è chi abbandona il Paese, chi decide di non investire. Anti-italiano è chi non vuole prendere atto del mondo che ci circonda e preferisce restare isolato nel proprio passato. Anti-italiano è chi perde tempo a discutere e rinviare i problemi, chi non si assume la responsabilità di cambiare le cose, di guardare avanti e agire”.

“Ho grande rispetto per gli operai e ho sempre pensato che le tute blu quasi sempre scontino, senza avere responsabilità, le conseguenze degli errori compiuti dai colletti bianchi”.

Leggi l'articolo originale su TPI.it
Mostra tutto
Exit mobile version