Il weekend che ha coinciso con il ritorno della Lombardia in zona gialla è bastato per riaccendere un’accesa polemica sugli assembramenti. Specialmente sui social, campeggiano immagini della folla intenta negli acquisti per Natale che si è accalcata nel centro di Milano, complice anche la manifestazione per l’anniversario della strage di Piazza Fontana, svoltasi sabato con una nutrita partecipazione.
Impazza la contrapposizione tra chi critica le scelte politiche che hanno portato a questa situazione e chi invece si appella al senso di responsabilità che dovrebbe animare le scelte dei singoli cittadini, ma il risultato è che il Governo sta seriamente pensando di correre ai ripari, tornando a una zona rossa su scala nazionale per Natale e Capodanno.
Paradossalmente, il passaggio dalla zona arancione alla zona gialla è riuscito a scontentare tutti. I commercianti parlano di un provvedimento tardivo, che non impedirà loro di chiudere il 2020 con cospicue perdite di fatturato. Marco Barbieri, segretario generale della Confcommercio di Milano, Lodi, Monza e Brianza, vorrebbe invece riaprire anche i negozi all’interno dei centri commerciali, che “allo stesso modo degli altri, si sono attrezzati per rispettare tutte le norme anti-contagio”.
E nel dibattito entra anche il Partito Animalista, che in vista del Capodanno lancia la campagna “Basta botti 2020”: “Molti Comuni in Italia hanno già deliberato da anni il divieto, altri sono titubanti, altri ancora totalmente silenziosi al riguardo. Pertanto, anche tramite le Prefetture Italiane, l’iniziativa prosegue per ottenere il maggior numero di divieti possibili ricordando come sia accertato che fuochi e botti di capodanno, con la propria diossina, siano di gran lunga più inquinanti delle note emergenze rifiuti che hanno martoriato il territorio italiano”.
Nello specifico ambito lombardo e milanese, l’effetto Covid-19 si manifesta anche nella classifica “Qualità della vita 2020” de Il Sole 24 Ore, che vede il capoluogo precipitare al 12° posto su scala nazionale, perdendo ben 11 posizioni in un solo anno. D’altra parte, la crisi pandemica ha colpito duramente tutte le province lombarde, con la sola eccezione di Sondrio e Mantova, che invece migliorano il proprio piazzamento.
La graduatoria si basa su 90 indicatori che monitorano ricchezza e consumi, demografia e salute, affari e lavoro, ambiente e servizi, giustizia e sicurezza, cultura e tempo libero. A primeggiare in campo nazionale è Bologna, davanti a Bolzano e Trento. La regione più brillante è proprio l’Emilia Romagna, che piazza ben cinque delle sue nove province nelle prime venti della classifica complessiva. Un esito che peraltro si poteva facilmente intuire proprio dalla diversa risposta regionale all’impatto del Covid-19.