Il piano di Guido Bertolaso per organizzare le vaccinazioni in Lombardia è davvero un modello da imitare anche su scala nazionale, come Matteo Salvini ha pubblicamente affermato? Non per gli addetti ai lavori, il cui parere converge su toni molto critici. Secondo Nursing Up, il sindacato degli infermieri italiani, Bertolaso si è posto obiettivi troppo elevati per poterli veramente raggiungere: “Per vaccinare 6 milioni e mezzo di cittadini lombardi entro il 30 giugno occorreranno 2.800 nuovi infermieri! E almeno 44.444 vaccinazioni al giorno!”, spiega il presidente Nazionale Antonio De Palma.
Dal suo punto di vista, il piano Bertolaso “se non appare come pura utopia, poco ci manca! Ci sembra una missione davvero difficile da raggiungere, una sorta di k2 da scalare a mani nude”. Lo scetticismo degli infermieri nasce dai dati numerici: “Senza alcuna presunzione di certezza, Abbiamo provato a fare dei calcoli e ciò che ne viene fuori rispecchia palesemente quanto andiamo dicendo da settimane”, continua De Palma.
“Ipotizziamo che Bertolaso, nell’ex area Fiera al Portello, volesse iniziare il prossimo 15 febbraio il suo ambizioso piano. Sostiene apertamente che l’obiettivo è quello di vaccinare 6 milioni di lombardi entro il 30 giugno: mancano perciò 135 giorni. Prima di tutto abbiamo ipotizzato in 15 minuti, visione ottimistica ma realizzabile, traendo spunto da modelli già adottati dai tedeschi, il tempo minimo di ogni singola somministrazione, includendo le procedure funzionali alla stessa, ma escludendo tutti gli altri passaggi precedenti e successivi (raccolta dell’anamnesi prevaccinale e del ritiro dei moduli firmati relativi all’informativa del consenso informato, attività propedeutiche alla gestione della seduta vaccinale, ad es. controllo frigo, controllo lotti, controllo carrello, trattamento presidi utilizzati, etc. nel rispetto delle buone pratiche vaccinali e delle procedure della struttura, e ancora osservazione delle possibili reazioni avverse e sinergie con il medico per quanto di specifica competenza di ognuno)”, spiega il sindacalista.
“Pertanto, come emerge dal rapporto tra la cifra di 6 milioni (i cittadini da vaccinare), e i 135 giorni che mancano alla fine di giugno, occorrerà una media (calcolata al ribasso) di circa 44.444 vaccinazioni al giorno per stare nei tempi! Ed ancora, posto che ogni infermiere impiegato in turni contrattuali da 6 ore (360 minuti) riesca in base al tempo di 15 minuti a iniezione, ripetiamo visione ottimistica, a trattare 24 vaccinandi, abbiamo rapportato la cifra di 44.444 a tale valore di 24, ed abbiamo poi considerato, a mero scopo didattico, che per coprire quello che chiede Bertolaso: 24 ore di lavoro, 7 giorni su 7, occorreranno 4 turni da 6 ore al giorno (mattina, pomeriggio, sera, notte) in cui si alternerà almeno un infermiere per punto vaccinale”.
“Orbene, proporzionando il numero complessivo delle somministrazioni giornaliere attese nel periodo considerato, pari a circa 44.444 al giorno, con il valore mediano o numero delle somministrazioni per singolo professionista nel medesimo periodo di tempo, e cioè 24, otterremo il numero complessivo di infermieri da occupare per questo obiettivo, ogni giorno, nella regione Lombardia. A tale cifra, pari a 1.851 unità, va aggiunto un ulteriore 20 per cento per coprire congedi ordinari, straordinari, permessi e malattia ai quali i professionisti hanno diritto nei 135 giorni presi in considerazione, più un ulteriore 25 per cento per riposi e per organizzare il ciclo compensativo del personale turnante, cioè la prevista rotazione p/m/n secondo i modelli organizzativi in uso. Insomma, arriviamo, numero più numero meno, a circa 2.680 infermieri che occorrono alla causa. Ma se in Lombardia già prima del Covid mancavano 4.700 infermieri dove recupereremo tutti questi ulteriori professionisti senza nuove assunzioni?”, conclude De Palma.
Il tema della carenza di personale viene evidenziato anche da Fials (Federazione Italiana Autonomie Locali e Sanità), molto dura nel commentare le polemiche tra l’assessora lombarda al Welfare Letizia Moratti e il Commissario nazionale all’emergenza Domenico Arcuri: “Il match Moratti-Arcuri sul reclutamento mancato di 123 tra medici e infermieri in Regione Lombardia è uno spettacolo indegno. Esprime il conflitto istituzionale di cui soffre il Paese che aspetta di vedere pianificata la campagna vaccinale al più presto, mentre già il Ministero della salute annuncia la fase due per effettuare la quale mancano all’appello migliaia di professionisti”.
“Dove sono le proposte concrete per trovare le soluzioni? Se i territori continuano a lanciare bandi per volontari che lavorino a costo zero, la vedo dura. La questione sollevata ieri è solo la punta dell’iceberg e non è stata risolta con la repentina nota della struttura commissariale che replica di aver destinato alla Lombardia 229 fra medici, infermieri e assistenti sanitari”, afferma il segretario generale Giuseppe Carbone.
“Per uscire dalla palude bisogna assumere subito personale sanitario. Quella che è andata in scena ieri – ribadisce Roberto Gentile, segretario regionale Fials Lombardia – è solo un’operazione di distrazione di massa: Regione e Commissario trovano la pagliuzza conficcata nell’occhio l’una dell’altro per non vedere la trave. La pagliuzza è rappresentata dai 123 reclutamenti che Moratti accusa Arcuri di non aver mandato, che si trasformano poi in 225 (su 229) che in realtà stanno aspettando una visita medica all’Ats prima di prendere servizio. Ma il problema è la carenza di migliaia di professionisti per le vaccinazioni, soprattutto infermieri. E mancheranno sempre di più a causa di un bando nazionale fatto male e preparato senza sentire ordini professionali e parti sociali”.
Sul piano politico, le critiche arrivano dal presidente della Commissione regionale d’Inchiesta sul Covid 19 Gianni Girelli: “Siamo sicuri che il piano vaccinale di massa, il cosiddetto modello-Bertolaso, non sia l’ennesimo annuncio? Naturalmente non dubito che Regione Lombardia stia predisponendo un dossier ad hoc, ma vaccinare 10 milioni di persone significa mettere nero su bianco azioni, numeri di personale disponibile, luoghi fisici dove somministrare le dosi”, afferma il consigliere del Pd.
“E soprattutto come si fa a raggiungere gli anziani che vivono magari in posti isolati? Ricordiamoci che la Lombardia è vasta ed eterogenea e che le persone sopra gli 80 anni, probabilmente impossibilitate a lunghi spostamenti, non vivono solo nelle città capoluogo. Invece che discussioni estenuanti, sfiancanti e davvero inutili, si lavori con i territori e con i comuni per affrontare e risolvere questi problemi”.
“Non sollevo polemiche pretestuose, chiedo però chiarimenti e indicazioni puntuali alle quali non si può rispondere con comunicati stampa. Servono dati, luoghi e date”, conclude Girelli.
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