Pur essendo in testa al campionato, l’Inter sta vivendo ore di tensione per le aspre polemiche con Beppe Sala. La società nerazzurra è andata su tutte le furie per le parole del sindaco a proposito del progetto sullo stadio. La vicenda presenta numerosi punti critici, che stanno dividendo anche l’opinione pubblica. Vediamoli nel dettaglio, uno per uno
Pochi giorni dopo aver aggiunto Milano alla sua denominazione ufficiale, l’Inter rilascia un comunicato stampa che rischia di mettere a dura prova la relazione con il sindaco meneghino Beppe Sala, che oltretutto è un suo acceso tifoso: “FC Internazionale Milano ha una storia gloriosa ultracentenaria. Esisteva prima del Sindaco Sala e continuerà ad esistere anche al termine del suo mandato. Troviamo le dichiarazioni del Sindaco di Milano offensive nei confronti della Proprietà, irrispettose verso la storia e la realtà del Club e i suoi milioni di tifosi a Milano e in tutto il mondo nonché irrilevanti rispetto all’attuale iter amministrativo del progetto Un Nuovo Stadio per Milano. Se dovesse essere confermato che l’Inter e la Proprietà non sono gradite all’attuale amministrazione, sapremo prendere le decisioni conseguenti”. Un comunicato di poche righe, ma dall’impatto simile a un tackle a gamba tesa.
Lo strappo istituzionale
L’esternazione dell’Inter colpisce per due ragioni fondamentali. La prima sta ovviamente nella durezza dei toni, clamorosamente stridenti con i modi paludati che solitamente caratterizzano la comunicazione dei club calcistici con le istituzioni delle città che li ospitano.
La seconda sta nel passaggio in cui si definiscono le parole di Sala “irrilevanti rispetto all’attuale iter amministrativo del progetto”, come se l’edificazione di un nuovo stadio su area pubblica non fosse soggetta al potere di veto del proprietario di San Siro, che è appunto il Comune di Milano.
La frenata di Palazzo Marino
Ma cosa ha detto Beppe Sala per scatenare una reazione così apertamente conflittuale? Rispondendo a chi gli chiedeva se la Giunta in carica si esprimerà sul progetto del nuovo stadio entro la scadenza del mandato, visto anche il rinvio delle elezioni comunali, il sindaco ha dichiarato: “Penso che finché in particolare l’Inter non chiarirà il suo destino, per noi le cose devono essere necessariamente ferme. Il punto è – e lo voglio dire con chiarezza ai milanesi – che non stiamo parlando solo dello stadio, ma stiamo parlando di un progetto in cui la metà dell’investimento è sullo stadio e la metà è su altre cose che portano a comporre il futuro di quell’area. Che vorrà dire che ci saranno, presumo, cinque o sei anni di lavoro. Io non è che posso affidare un quartiere della città per un così lungo periodo a realtà di cui non è certa la proprietà futura. Parlo con rispetto di Zhang, però devono necessariamente chiarire il futuro della società, fino ad allora credo che sia logico fermarsi”. Ecco da dove origina la stizzita reazione dell’Inter.
Le inchieste giornalistiche
Anche nelle parole del sindaco Sala si possono individuare due punti fondamentali. Il primo consiste appunto nelle considerazioni sul club nerazzurro, visto che ormai da tempo si rincorrono voci sul suo futuro: con il governo cinese che ha deciso di limitare fortemente questi investimenti all’estero, si parla di varie ipotesi e tutte conducono lontano dall’assetto attuale.
Da ben prima che iniziassero a circolare illazioni sul club nerazzurro, si era ampiamente discusso della catena di comando del Milan, oggetto di inchieste giornalistiche, tra le quali ha fatto molto rumore quella di Report. Non a caso, subito dopo la sua messa in onda il Consiglio comunale è entrato in fibrillazione ed ha approvato un Ordine del giorno che chiede ai club di rendere noto il proprio titolare effettivo.
Ripensando alle 16 condizioni che già nel novembre 2019 la stessa assise aveva messo nero su bianco, come elementi sine qua non per concedere l’interesse pubblico al progetto, forse la mossa è stata ridondante, ma di certo molto indicativa della necessità di sciogliere alcuni punti irrisolti.
Il nodo delle volumetrie
Già al momento della dichiarazione di interesse pubblico (subordinata, appunto, a ben 16 condizioni), Sala aveva precisato che il progetto di Inter e Milan, senza dei correttivi, non era accettabile: “I volumi che sono stati chiesti sono volumi non realistici, sono eccessivi. Adesso parte la discussione vera con le società. Credo che le società siano consapevoli del fatto che il piano che ci hanno proposto era un piano troppo a loro favore. Non si può vedere un singolo aspetto perché sono tanti e se si arrivasse a un accordo si arriverà lavorando su più aspetti. Dobbiamo riportare questa proposta un po’ più nell’interesse del Comune”, disse allora il sindaco.
Tra gli auspici di Palazzo Marino c’era anche “uno sforzo per salvaguardare lo stadio di San Siro”: si era anche ipotizzato di mantenerne in piedi una sola porzione da adattare per altri usi, scatenando peraltro la rabbia di chi lo considera come un simbolo intoccabile. Ma anche quella di chi pensa che o lo si tiene in funzione o lo si abbatte del tutto, senza cercare improbabili vie di mezzo.
Il progetto complessivo
L’analisi della proposta dei club ci porta quindi al secondo cardine del ragionamento di Sala, che evidenzia come il progetto del nuovo stadio sia oggettivamente solo un elemento di un piano ben più articolato, con torri, centri commerciali e altre strutture di corollario.
Le volumetrie alle quali fa riferimento il sindaco sono quelle che i club acquisirebbero una volta ottenuto il via libera e, ai sensi della Legge nazionale sugli stadi, esse potrebbero andare ben oltre quelle previste dal PGT (Piano di Governo del Territorio) del Comune di Milano, che prevede un indice massimo dello 0,35.
La contrattazione con i club alla quale si riferisce Sala riguarda proprio questo aspetto: da un lato l’amministrazione pubblica vuole ridurre al minimo la cementificazione, mentre i privati evidentemente puntano ad ottenere il massimo vantaggio possibile, come peraltro legittimo che sia, e sono partiti da un masterplan con l’indice volumetrico a 0,67.
Si sta quindi discutendo di diritti edificatori che cambierebbero radicalmente la faccia del quartiere e in particolare della zona intorno allo stadio, quella che a suo tempo Scaroni definì “una landa desolata”, facendo infuriare molti residenti. Va però detto che il presidente del Milan seppe riconoscere l’errore e chiese saggiamente scusa.
Il rischio che i due club lascino Milano
In questo contesto la questione della proprietà è quindi fondamentale, perché è evidente che un progetto così ampio richieda un interlocutore che vi si dedichi per il tempo necessario. Le voci sui due club, invece, parlano di possibili cambi al timone di entrambi, soprattutto dopo aver ottenuto i diritti edificatori che, prima ancora di deporre un solo mattone, consentirebbero di far leva sulle banche per ottenere un formidabile boost finanziario: questo renderebbe ancora più appetibili le due società, che per blasone già rappresentano l’aristocrazia del calcio non solo italiano, ma anche internazionale.
Ovviamente non ha senso fare il processo alle intenzioni, soprattutto se esse – lo ribadiamo – sono comunque legittime. Appare però corretta la posizione del sindaco, che senza delegittimare nessuno ha semplicemente chiesto garanzie sul punto: domandare è lecito, rispondere è cortesia, ma in una procedura pubblica è anche un obbligo.
Trovare il giusto punto di equilibrio tra varie esigenze è la sfida quotidiana di ogni amministrazione pubblica. Nel caso specifico, Milano non può permettersi che le squadre, come paventato, emigrino nel confinante comune di Sesto San Giovanni o in altre località dell’hinterland: a quel punto ci si troverebbe con un San Siro privo di affittuari e difficilmente riutilizzabile. Anche volendo demolirlo, i costi sarebbero enormi per le casse comunali, già depauperate dal Covid-19.
Tuttavia, nemmeno è pensabile che la Capitale economica del Paese ceda nella tutela degli interessi della collettività senza porre le sue condizioni. La parola “compromesso” ha spesso un’accezione negativa, ma quando si governa la complessità è assolutamente necessario lavorare in questa direzione.
Le criticità progettuali
Benché sulla vicenda si siano create fazioni non dissimili dalle curve frequentate dagli ultras, bisogna riconoscere che vi sono buone ragioni sia in chi sostiene che i soldi investiti nel progetto potrebbero rappresentare un importante strumento di rilancio post-pandemico, sia in chi obietta su alcuni aspetti di tale progetto.
Il più contestato è il fatto che il nuovo stadio viene proposto accanto a quello già esistente, qualunque sia il suo destino. In questo modo la nuova struttura sorgerebbe a pochissimi metri delle abitazioni di via Tesio e inoltre andrebbe ad eliminare il parco intitolato alla memoria di due storici capitani quali Giacinto Facchetti (Inter) e Cesare Maldini (Milan).
Quest’area verde è stata inaugurata nel 2016, riqualificando la zona che fino al 1985 era occupata dal Palasport e che, dopo la storica nevicata che fece crollare la struttura, nei trent’anni successivi era rimasta abbandonata a se stessa e imprigionata dalle cesate. Un intervento peraltro promosso e fatto realizzare da chi scrive, in quanto pubblico amministratore, ma questo è veramente un dettaglio che aggiungiamo come mera nota di colore, soprattutto se paragonato alle ben più importanti questioni complessive del quartiere e della città.
San Siro va davvero abbattuto?
Inevitabilmente, sulla vicenda dello stadio si sono creati comitati pro e contro la proposta dei club, ma basta avere la bontà di ascoltarne le ragioni senza pregiudizi per capire che non c’è alcuna contrapposizione tra “folli cementificatori” e “ambientalisti utopisti”. Ad esempio nessuno nega il fatto che nel calcio moderno gli stadi di proprietà siano fondamentali, ma questo si accompagna alla gestione sette giorni su sette da parte di un unico club, mentre Inter e Milan prospettano di proseguire nella condivisione che già praticano da affittuari dello stadio esistente.
Il punto non è trascurabile: l’unico esempio recente di comproprietà di un impianto di nuova costruzione riguarda Monaco di Baviera, ma dopo un solo anno dalla sua inaugurazione il Monaco 1860 ha ceduto le proprie quote ai più ricchi “cugini” del Bayern, per tornare nel vecchio Grünwalder Stadion.
C’è altrettanto da discutere sul modo in cui gli stadi possono essere realizzati ex novo e, ancor prima, sul fatto che la struttura esistente non sia recuperabile e, magari, cedibile al giusto prezzo a Milan e Inter. A suo tempo, Sala aveva fatto anche questa proposta, lasciata però cadere nel vuoto da parte dei club.
C’è chi contesta al sindaco di Milano il fatto di aver cambiato più posizioni sul tema e chi invece lo accusa di aver buttato la palla in tribuna per non affrontare il tema prima delle elezioni. In realtà, se ve ne fossero state le condizioni, è molto probabile che sul tema si sarebbe già giunti da tempo a una decisione finale: nessuno può negare che nel corso di questa vicenda ci siano state numerose novità, che hanno alterato notevolmente lo scenario.
Due progetti e troppe polemiche
La presentazione dei due progetti finalisti (Manica-Cmr Sportium e Populous) risale all’estate del 2019, quando ancora non sapevamo di essere alla vigilia della più grave epidemia del secolo. Ed è piuttosto probabile che essa lasci qualche tipo di strascico sul futuro della città, sulle priorità di investimento, sul modo di concepire i luoghi affollati e sulle strutture commerciali di corollario.
Di fronte a una complessità di questo genere, servono diplomazia e lungimirante freddezza, non parole contundenti. E nemmeno speculazioni politiche, come quelle di chi da tempo si fa campagna elettorale su San Siro con il risultato di dividere ulteriormente i cittadini, anziché trovare dei punti di contatto. Oppure quelle di chi spera di usare lo screzio tra Sala e l’Inter per incrinare l’immagine di un sindaco che nei sondaggi risulta molto gradito ai milanesi.
Da Milano all’Europa
Così come al Milan, va sinceramente augurato all’Inter ogni bene, per la gioia dei tanti tifosi che ne hanno a cuore le sorti e per le positive ricadute su una città che può vantarsi di essere l’unica nella storia ad aver vinto la Champions League con due club diversi. Però, letto il comunicato dell’Inter, per completezza va ricordato che Milano preesisteva ad entrambe le squadre di calcio ed esisterà anche dopo. E, comunque, a prescindere da esse.
Non può essere questo il piano di confronto. Si dica, piuttosto, che sbagliare è umano, si chieda scusa e ricominci a dialogare in modo più sereno, così da collaborare al raggiungimento di una scelta che tenga contro delle esigenze di tutti. Non solo di quelle di chi urla più forte.
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