Modello-Baranzate, dove 12mila abitanti parlano 70 lingue diverse: “Niente ideologia, tanta concretezza”
Come è possibile che un piccolo Comune della Provincia di Milano, con soli 12.000 abitanti e un’estensione di appena 2,8 km quadrati, diventi un modello di integrazione? E’ questo il caso di Baranzate, dove a maggio si svolgerà una tornata amministrativa destinata a trasformarsi in una sorta di battaglia tra due diverse idee di società.
Quella di un centrodestra sempre più a trazione leghista, col suo motto “Prima gli italiani”, e del centrosinistra che da cinque anni governa un vero e proprio crogiolo multietnico, “senza ideologie, ma applicando a tutti i cittadini gli stessi diritti e gli stessi doveri”, spiega il Sindaco Luca Elia.
Paesino a due passi dall’area dove nel 2015 si è svolta Expo, Baranzate è il secondo Comune più multietnico d’Italia. Per diversi anni è stato addirittura in cima alla classifica, prima di essere superato da Rapallo (GE), ma i suoi numeri restano tuttora impressionanti: 4.000 abitanti (un terzo del totale) sono immigrati che rappresentano 70 diverse nazionalità. Il 60% degli iscritti alle scuole locali viene da una famiglia di origine straniera: “La maggior parte dei nostri bambini è nata qui” – continua Elia – “Si tratta di immigrati di seconda o terza generazione, che conoscono perfettamente l’italiano, oltre a parlare anche le loro altre lingue madri”.
Luca Elia, 43 anni, si appresta ad affrontare la campagna per ottenere un secondo mandato alla guida di un Comune dove l’armonia tra le numerose etnie è davvero sorprendente, soprattutto se paragonata alla tensione che invece si registra in certe periferie milanesi. Eppure (ancora più sorprendentemente) a lui non piace parlare di integrazione: “Noi non facciamo politiche di integrazione, bensì politiche trasversali per tutti i cittadini: la popolazione di Baranzate dal punto di vista socio-economico è abbastanza debole, senza grosse differenze tra italiani e stranieri. I bisogni sono gli stessi: facciamo quindi politiche di welfare, sociali ed educative che si rivolgono a tutti, indistintamente. Più che di integrazione, parliamo di internazionalizzazione”.
Considerandosi “un quartiere della Città Metropolitana”, Baranzate dialoga con Milano per la soluzione dei problemi sulle aree contigue, come il campo nomadi che è sul territorio del capoluogo ma confina con Baranzate, ma soprattutto mette in campo una serie di opportunità quali la vicinanza a Mind (ex area-Expo) e a molte aree dismesse, nonché quello che il Sindaco definisce “il potenziale dato proprio dalla diversità e ancora non del tutto espresso”.
L’amministrazione-Elia, grazie alla collaborazione con le Acli milanesi, ha implementato un grosso lavoro con i Consolati, anche attraverso un vero e proprio mondiale di calcio che coinvolge le comunità locali e i rappresentanti istituzionali dei Paesi d’origine delle persone che vivono a Baranzate, socializzando questo particolare melting-pot al quale molti ormai guardano come modello. Si sta anche lavorando al gemellaggio con Xin Mi, città di 800.000 abitanti a circa 30 km da Zhengzhou, ma per via del Coronavirus la cosa è stata prudenzialmente rimandata.
Più volte le tv locali lombarde hanno preso in esame il fenomeno-Baranzate, la cui genesi parte da molto lontano.
La vicinanza a Milano e i collegamenti con i mezzi pubblici non sono l’unica ragione. Secondo una ricerca dell’Università Cattolica, la sua cultura di accoglienza si è consolidata negli anni ’60, con l’arrivo di immigrati dal Meridione e con il successivo ricongiungimento con parenti, amici e conoscenti. Inizialmente hanno formato un gruppo coeso in una zona dove le case costavano poco e, al migliorare delle loro condizioni economiche, le nuove generazioni si sono allargate a quartieri più confortevoli di Baranzate.
Dati alla mano, la storia si è ripetuta nell’ultimo ventennio con gli stranieri. I primi insediamenti sono stati nella zona vicina all’Ospedale Sacco, dove le case sono più a buon mercato, poi gli immigrati sono diventati sempre più parte integrante della società. Un ruolo fondamentale lo ha svolto Don Paolo Steffàno, un prete “di frontiera” che è stato capace di infondere il valore dell’accoglienza anche in stagioni politicamente differenti.
A tal proposito, è curioso sottolineare come Baranzate sia un Comune a se’ stante soltanto dal 2004: in precedenza era una frazione di Bollate, storico feudo del centrosinistra. La “secessione” è stata guidata da Giannicola Angelini della Lega, in vista delle elezioni dell’anno successivo, dove si pensava di capitalizzare il consenso ottenuto alle elezioni nazionali. Per dieci anni, dal 2005 al 2015, Baranzate è stata governata da una lista civica guidata da un Sindaco di centrodestra.
Già consigliere comunale, Luca Elia nel 2015 è diventato Sindaco con il 52% dei voti, mentre la civica che aveva governato fino a quel momento si è fermata al 31%. Oggi, però, il quadro è decisamente diverso. La polarizzazione politica si è estremizzata, il centrodestra punta nuovamente su Angelini come sfidante e c’è il forte rischio che Salvini voglia scatenare una battaglia ideologica sul modello-Baranzate, che certamente non è al centro dell’attenzione come l’Emilia Romagna, ma che sul piano simbolico rappresenterebbe un colpaccio.
“Ne sono consapevole” – commenta Elia – “In effetti alle ultime europee la Lega ha preso il 42%, ma i baranzatesi distinguono molto bene il piano puramente politico dall’amministrazione della quotidianità, nella quale non abbiamo mai avuto rivendicazioni da parte degli italiani nei confronti degli stranieri. I problemi principali sono di tipo economico e valgono per tutti. Chi si presenta qua con un approccio ideologico, inevitabilmente si colloca molto lontano dalla realtà di Baranzate, una realtà che conosco e che vivo tutti i giorni, essendo cresciuto qui. Molte delle persone che hanno votato Lega vivono accanto a stranieri, con i quali vanno d’accordissimo: il livello locale è un’altra cosa. Alle ideologie altrui, io rispondo con i fatti”.
Quando gli si chiede di raccontare i risultati ottenuti nei suoi primi cinque anni da Sindaco, Elia è un fiume in piena. Elenca la piattaforma ecologica, il campo da calcio sintetico in via di realizzazione, la sede della Polizia Locale che sta per essere completata al Quartiere Gorizia, la pista ciclabile da tempo invocata… Potrei continuare a lungo, ma gli obiettivi più significativi sono quelli che lui stesso definisce “immateriali”, legati all’aspetto valoriale.
“Il tema che stiamo cavalcando in questi anni sono i diritti e i doveri previsti dalla Costituzione, in quanto elementi che tengono insieme culture e religioni differenti” – continua – “Lavorando molto sul tema della cittadinanza, facciamo sentire tutti i bambini come parte delle comunità di Baranzate, preparando futuri cittadini consapevoli. Da quando sono Sindaco, il 2 Giugno ho due appuntamenti fissi. Il primo è andare nelle scuole elementari, dove, con i bambini delle classi quarte e quinte, leggiamo gli articoli 3 e 34 della Costituzione, sull’uguaglianza e sul diritto all’istruzione per tutti. L’altro consiste nel chiedere a 12 rappresentanti delle comunità straniere di leggere i primi 12 articoli della Costituzione, i principi fondamentali: questo è un elemento importante, perché racconta agli italiani il fatto che gli stranieri stanno dentro la cornice valoriale della Costituzione e loro si sentono molto valorizzati. Da alcuni anni c’è anche la festa ‘Il mondo nel quartiere’: si svolge al Quartiere Gorizia, dove circa il 70% degli abitanti è straniero, ed è un happening con balli, bancarelle con cibo etnico e elementi culturali, che tiene insieme la comunità”.
Elia non teme il cosiddetto “voto di pancia”, quello che in più occasioni ha giocato brutti scherzi anche ad amministrazioni che pure avevano svolto egregiamente il proprio compito. Se gli si chiede di immaginare come cambierebbe Baranzate con una maggioranza di centrodestra, la sua risposta è eloquente: “Fatico ad immaginarlo, anche perché come centrodestra vero e proprio non hanno mai governato. Quando hanno vinto le elezioni, si trattava di una lista civica più focalizzata sui problemi locali. Il fatto che un terzo della popolazione sia composto da stranieri che hanno scelto di venire proprio qui è un elemento da quale semplicemente non si può prescindere. Il tessuto sociale della nostra città è questo e va valorizzato: l’approccio inclusivo e di responsabilizzazione è l’unico che si possa avere. Un’amministrazione che invece tendesse ad escludere, sottolineando le differenze, farebbe esplodere la città. Non si può certo pensare che 4.000 abitanti che lavorano, mandano i figli a scuola, partecipano alla vita associativa e pregano nelle parrocchie (pur non essendo di religione cattolica) siano considerati degli intrusi”.
Oltre alle difficoltà quotidiane che accomunano tutti i Sindaci, Elia si è trovato di fronte un ostacolo in più. A marzo, quando mancheranno solo due mesi dal voto, si presenterà all’udienza presso il Tribunale di Milano, dove deve rispondere dell’accusa di falso ideologico. Secondo il p.m., avrebbe modificato la data di alcuni atti dirigenziali allo scopo di farli inserire nel bilancio del 2015.
Lui si dice certo di provare la propria innocenza e il PD milanese lo sostiene. Ma come l’hanno presa i suoi concittadini? “Essendo assolutamente sereno ed avendo grande fiducia nella magistratura, ne ho parlato tranquillamente sia con i giornali che con i baranzatesi. Anzi, molti di loro sono venuti direttamente a chiedermi che cosa fosse successo: questo mi ha fatto veramente piacere, perché a un Sindaco percepito come lontano dalla gente non sarebbe certo capitato. Il fatto è che io ho sempre vissuto qui, tutti mi conoscono benissimo me e la mia famiglia, sono sempre in giro e ho sempre avuto un dialogo molto aperto con tutti: la reazione della cittadinanza è stata di grande solidarietà e questo mi dà ulteriore fiducia per andare avanti”.
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