Un intero giorno senza morti in Lombardia. Sarebbe bellissimo, se solo fosse vero. Invece basta dare un’occhiata ai giornali locali e fare qualche telefonata ai sindaci per tornare con piedi per terra: dei lutti si sono verificati sia nel bresciano che all’ospedale Manzoni di Lecco, dove come riferito da “Prima Merate” si è spento il giornalista Sergio Perego, ricoverato da circa due mesi per Covid-19.
Altro che dati prima “da prendere con le pinze” e poi “assolutamente ufficiali”: si tratta di una vera e propria bufala, nonché dell’ennesima prova delle carenze della Regione nel gestire il rapporto con i territori e persino nel tenere il conto dei decessi negli ospedali. Il dibattito ha avuto il merito di distogliere l’attenzione dagli autogol seriali di Gallera, che peraltro hanno tirato in ballo anche TPI. Insiti nella vicenda ci sono almeno due elementi oggettivi ben più meritevoli di sottolineatura: l’effettiva linea di comando che guida la Regione e il modo in cui essa si manifesta.
Su “La Repubblica” di oggi Andrea Montanari pubblica un articolo dal titolo “Una task force per vigilare su Gallera. Gaffe, passi falsi e cadute dell’assessore showman che voleva fare il sindaco”. Al suo interno si legge: “Il centrodestra avvia il commissariamento dell’assessore al Welfare Giulio Gallera e intanto prende corpo l’ipotesi di un rimpasto della giunta regionale prima dell’estate. Anche per mettere al riparo la squadra di Fontana nel caso arrivasse un avviso di garanzia riferito ad una delle diverse inchieste aperte dalla magistratura. Fino ad allora Gallera sarà affiancato da una squadra di tecnici, una sorta di task force anti Covid”. Evidentemente il collega, sempre bene informato, ha raccolto dei retroscena rispetto al vertice svoltosi ieri nel tardo pomeriggio a Palazzo Pirelli tra il presidente della Regione Attilio Fontana, gli assessori e i consiglieri regionali leghisti ed il leader del partito Matteo Salvini, che al termine del summit ha dichiarato: “Presto si potrà parlare di modello ‘lombardo’ come traino della ‘Fase 3′ per taglio della burocrazia, investimenti e vicinanza al mondo produttivo”, smentendo peraltro l’ipotesi di rimpasti in giunta.
Non è la prima volta che Salvini si piazza in Regione, oltretutto postando sui social sue foto “al lavoro”, mentre firma dei misteriosi fogli. Domande necessarie: cosa firma un senatore che non ha alcun incarico in Regione Lombardia, degli autografi per i fan? A che titolo siede in quegli uffici? E’ vero che, come riportato da molti giornali, il suo celebre staff della comunicazione si sarebbe trasferito nella sede della Regione per gestire i momenti topici della crisi?
Non solo. La sede della Regione, come ogni ufficio pubblico, è la casa dei cittadini. Al suo interno è lecito incontrare chiunque, per finalità istituzionali, e i politici non fanno certo eccezione. Ma è un po’ diverso se lo scopo dell’incontro riguarda solo una parte in causa. A meno che l’articolo di “Repubblica” non venga smentito, è difficile pensare che un incontro tra soli esponenti della Lega, compreso un senatore non più ministro (per i motivi che tutti ricordiamo) abbia finalità diverse da quelle di un summit di partito che, pur essendo ovviamente legittimo, doveva essere fatto in via Bellerio.
Il legittimo interesse della Lega è evidente: le sorti del partito sono legate a doppio filo a quelle della Regione dove esso è nato, salvo poi distanziarsene per un evidente quanto riuscito calcolo politico. Da qui la decisione di “commissariare” Gallera con la task-force messa in campo, almeno fino al probabile rimpasto estivo, che dovrebbe prevenire possibili imbarazzi giudiziari.
Gallera d’altra parte è il capro espiatorio ideale, sia per i tanti errori commessi, sia perché è politicamente isolato, appartenendo a un partito in piena emorragia di consensi e oltretutto molto frammentato al suo interno, con tanta gente che si guarda in cagnesco mirando agli stessi (pochi) posti che verranno distribuiti con le prossime tornate elettorali. Già la nomina di Guido Bertolaso come commissario per l’operazione ospedale in Fiera (altro capolavoro della Giunta-Fontana) era stata interpretata da molti come un espediente per arginare l’inaspettata popolarità mediatica dell’assessore al Welfare, diventato di colpo una figura di rilevo nazionale, con tanto di conferenze stampa quotidiane in diretta.
Dopo averlo criticato quando lo meritava, cioè spesso, sento anche il dovere di dire che sarebbe davvero ingiusto pensare di risolvere tutto rimuovendolo dalla stanza dei bottoni. Sul piano politico (perché quello giudiziario è un altro tema), buttare tutte le responsabilità sulle sue spalle significherebbe ignorare che il vero problema è il decantato sistema sanitario lombardo, che in questa crisi ha dimostrato tutte le sue pecche.
Il percorso che ci ha portato a questa situazione è stato lungo e la Lega ne è responsabile almeno tanto quanto Forza Italia, avendo governato la Regione in tandem ininterrottamente dal 1995. Venticinque anni esatti di condivisione di tutte le scelte, a partire da quelle che hanno indebolito la sanità pubblica e promosso un modello fortemente sbilanciato sui privati. E adesso pretendono di essere il “traino della Fase 3”? Ci vorrà davvero tutta la documentata abilità della macchina della propaganda salviniana per far digerire questa idea a una regione le cui ferite impiegheranno molto tempo per rimarginarsi.
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