L’attore Bebo Storti aderisce a “Salviamo la Lombardia”, il 20 giugno in Piazza Duomo
Sabato 20 giugno, alle ore 15.00, nella Piazza del Duomo di Milano si svolgerà “Salviamo la Lombardia”, una manifestazione organizzata per evidenziare il dramma di una Regione che – nella giornata di ieri, 15 giugno – ha assommato ben l’85% dei nuovi casi di Coronavirus sul totale nazionale (259 su 303). Tra le numerose adesioni all’iniziativa c’è anche quella dell’attore Bebo Storti, protagonista di grandi successi sia in televisione (da “Mai dire gol” a “Rocco Schiavone”), che al cinema (da “Nirvana” a “ll traditore”).
Ad organizzare “Salviamo la Lombardia” è un cartello di realtà che da tempo sta incarnando la protesta nei confronti della gestione dell’emergenza sanitaria, ma le adesioni vanno ben oltre il tradizionale campo del centrosinistra, coinvolgendo esponenti del terzo settore, della sanità, singoli professionisti e anche personalità del mondo dello spettacolo, tra cui Claudio Bisio, Lella Costa e appunto Bebo Storti, che ha raccontato a TPI il suo coinvolgimento personale in questa drammatica vicenda.
“Come attore, ho dato il mio contributo partecipando a ‘Zelig Covid Edition‘, che è stato trasmesso in Rete sul canale di Zelig e altre piattaforme, facendo un pezzo su Attilio Fontana”, racconta Storti. Sul piano personale, l’attore milanese ha vissuto un’esperienza decisamente forte: “Siccome vivo a Bergamo, mi è capitata una cosa che ha letteralmente cambiato la mia percezione della realtà: stavo facendo una passeggiata quando ho casualmente incrociato i mezzi dell’esercito, carichi di bare. Quell’aspetto della tragedia mi ha veramente colpito e ho iniziato a raccontarla in un progetto che si intitola ‘Poteva andare peggio’. Ho sentito il bisogno di iniziare a scriverlo anche se ero già piuttosto impegnato nel redigere diversi testi, per vari attori e compagnie, ma anche per un progetto relativo a una fiction, proprio per l’impatto che questo evento ha avuto su di me”.
Mi ha sconvolto il fatto che questa pandemia sia la più terribile dopo la “spagnola” del 1919, che ha fatto milioni di vittime. Allora però erano altri tempi: se provavi ad imporre un metro di distanza nei docks di Londra come minimo ti sparavano! Quindi non si possono fare paragoni: questa è la cosa più tremenda che sia successa all’umanità, anche se adesso la gente tende a minimizzare.
In questo evento epocale, i potenti del mondo si sono rivelati in tutta la loro pochezza: Donald Trump, Vladimir Putin, Nicolas Sarkozy, Boris Johnson… la loro reazione alla pandemia dice molto del loro spessore politico. I tedeschi si sono mantenuti sulla solita linea del ‘meno se ne parla, meglio è’. Noi italiani siamo stati fortunati, perché abbiamo avuto Giuseppe Conte che, nonostante qualche errore, ha tenuto la barra dritta. Grazie a lui, facendo gli scongiuri, sembra che almeno la prima fase in qualche modo l’abbiamo scampata. Ogni tanto penso a cosa sarebbe successo se questa pandemia l’avesse gestita il trio Tajani-Salvini-Meloni… Forse, invece che essere qui a parlarne, saremmo entrambi in ospedale. In generale, la mia percezione del potere è questa: sono persone qualunque, che non hanno qualità e studi adeguati. I padri costituenti, a prescindere dalla diverse idee politiche, erano persone che avevano studiato e che quindi ponderavano le cose, prima di dirle. Adesso noi cittadini siamo ancora più inermi.
Siamo in mano a questa gente, purtroppo. Jair Bolsonaro è pericoloso: i brasiliani dovrebbero rimuoverlo e sostituirlo con uno che, magari non è un genio, ma che almeno… non è Bolsonaro! Su Trump ho letto una cosa divertente qualche giorno fa: “È come un bambino che è entrato di nascosto nell’ufficio del padre e per vendetta gli piscia sugli archivi”, non mi ricordo chi lo abbia detto (il celebre musicista americano David Crosby, ndr), ma è una immagine meravigliosa.
È un giudizio molto negativo, anche se ora cercano di minimizzare. Ma la cosa più grave in assoluto, secondo me, è che la p.m. Maria Cristina Rota abbia già pronunciato una sorta di “sentenza assolutoria” nei loro confronti, prima del tempo. Se dovessi incontrarla per strada, qui a Bergamo, glielo direi in faccia: spero che sia rimossa dal suo incarico, perché questa cosa è gravissima.
Per forza, con tutto il casino che deve aver fatto seguito alle sue parole! Però ormai l’aveva detto. Dico questo con dispiacere, perché la giustizia è un valore importante nella nostra Costituzione. Ho avuto l’onore di collaborare, insieme a Fabrizio Coniglio, con Mario Almerighi, un giudice che era una persona splendida e con un senso del rigore tale per cui non commentava nemmeno l’operato di altri magistrati. E nemmeno ha mai commentato gli sgambetti che gli sono stati fatti per invidia. Un magistrato con un elevatissimo senso del dovere istituzionale.
Assolutamente sì. In quel periodo ero spesso in giro per spettacoli, quindi i miei collaboratori andavano nelle commissioni e poi mi riportavano i documenti, che mi studiavo con calma a casa. Pur andandoci poco di persona, ricordo molto bene come in quel periodo sia stata indebolita la sanità pubblica, a vantaggio di quella privata. Tutto è cominciato da quel modo di gestire la Regione come un affare privato.
Credo di sì. Ovviamente si faceva opposizione, ma avremmo dovuto fare di più: saremmo dovuti andare sull’Aventino. Mi ci metto anche io, perché in quel periodo come ho detto lavoravo tanto e cercavo di gestire il mio ruolo di consigliere producendo progetti di legge: ne ho presentati otto, nessuno dei quali è stato approvato. Un paio li hanno scopiazzati, ma solo dopo. Però in Consiglio ci andavo: pur girando costantemente l’Italia, avevo il 72% di presenze… Formigoni invece non c’era mai e quando c’era lo faceva per dare “gli editti” ai suoi, per suggerire e sottolineare. Eppure già allora c’erano dei galantuomini che evidenziavano le scelte sbagliate della Regione Lombardia: penso ai consiglieri di Rifondazione Comunista, a Carlo Monguzzi che allora militava nei Verdi e anche a esponenti del PD come Pippo Civati, Giuseppe Benigni e anche Pierfrancesco Majorino (che pur non essendo in Regione queste cose le ha sempre dette).
Quando è stato eletto Roberto Maroni, il candidato del centrosinistra era Umberto Ambrosoli, un altro galantuomo. Una brava persona che, a differenza di altri, non usa i propri lutti personali per fare campagna elettorale. Per quanto non abbia avuto un brutto risultato, però, uno come lui non poteva essere compreso. Siamo in una fase, che dura da decenni, nella quale il messaggio politico che fa successo è quello più semplice e concreto possibile. Se cominci a fare discorsi troppo complicati sulla gestione della sanità o sulle spese per la scuola, l’elettore medio si infastidisce e si orienta immediatamente verso “l’altro” candidato. Questo spiega anche il vasto consenso della Lega.
Mah, intanto spero che vengano processati tutti quelli che hanno sbagliato in Lombardia, senza alcuna distinzione partitica o di altro tipo. Per quanto riguarda una presa di coscienza da parte dei cittadini, proprio la manifestazione di sabato 20 in Piazza del Duomo mi sembra un’occasione molto importante.
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