In Ungheria non si può dare da mangiare ai migranti che si trovano nei centri di raccolta, le “zone di transizione” al confine meridionale del paese.
Il pastore metodista e principale esponente della comunità evangelica ungherese Ivàny Gàbor è stato bloccato mentre tentava di portare del cibo ai richiedenti asilo fermi alla frontiera.
Beni di prima necessità come pane, mele, e altri alimenti confezionati che dovevano essere consegnati ai migranti sono stati bloccati.
A impedire la consegna sono stati i responsabili dei centri, che hanno applicato le norme che vietano accoglienza e assistenza fino a quando non se ne ha diritto.
Il pastore Ivàny Gàbor aveva provato a ottenere le autorizzazioni per consegnare da mangiare ai migranti del centro di Röszke all’Ufficio immigrazione a Mórahalom e Szeged, ma nonostante l’attesa non ha ricevuto un responso.
Secondo quanto racconta Ivàny Gàbor nessuno all’Ufficio immigrazione è stato in grado di individuare una persona responsabile per la questione.
Il parlamento ungherese ha approvato una legge che rende illegale aiutare i migranti irregolari che cercano di ottenere asilo nel paese.
Il provvedimento era stato proposto dal governo, guidato dal premier Viktor Orban.
La legge rende punibile la stampa di volantini con informazioni utili per i richiedenti asilo, così come offrire loro cibo o consigli legali.
Il governo di Orban è stato accusato di violare sia le normative comunitarie e sia i principi della Corte dei diritti dell’uomo.
Accuse simili sono state rivolte al governo italiano che in queste ore non ha ancora dato disposizione allo sbarco dei 177 migranti a bordo della nave Diciotti, ferma al porto di Catania.
Il Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà Mauro Palma ha dichiarato in esclusiva a TPI di essere pronto a inviare una delegazione dei suoi ispettori a bordo della nave Diciotti per riferire alla Procura di Catania sulle condizioni dei migranti.
“Le persone a bordo della nave – ricorda – si trovano in una condizione di privazione della libertà di fatto: senza la possibilità di libero sbarco e senza che tale impossibilità di movimento sia supportata da alcun provvedimento che definisca giuridicamente il loro stato. Ciò potrebbe configurarsi come violazione dell’articolo 13 della Costituzione e dell’articolo 5 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU)”.
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