La notte del 25 febbraio alle 23.34, poche ore prima del naufragio di Cutro, il centro di coordinamento di ricerca e soccorso della Guardia costiera ha inviato alla sala operativa della Guardia Costiera di Reggio Calabria una mail nella quale si spiegava che l’imbarcazione poi andata distrutta segnalata da un aereo di Frontex era “sospetta” ma “non si evidenziano elementi riconducibili al fenomeno migratorio”.
Per Roma quindi non si trattava di una barca di migranti. Un elemento che ha certamente influito sulle valutazioni iniziali per l’attivazione della macchina dei soccorsi, contenuto negli atti della Procura di Crotone che sta indagando sulla catena di eventi che avrebbe dovuto portare al salvataggio delle persone in mare, in tutto tra i 150 e i 180, partite quattro giorni prima dalla Turchia. Agli atti la ricostruzione cronologica dei fatti, operata dal Comando generale del Corpo delle Capitanerie di Porto.
Il centro di coordinamento ha ricevuto alle 23.03 la segnalazione da Frontex, mezz’ora dopo ha contattato la sala operativa girando la mail di Frontex con l’annotazione sul fenomeno migratorio “non evidenziato”. Nella stessa comunicazione viene sottolineato che “i dati disponibili sono di una barca a motore, di medie dimensioni, che naviga con rotta 296 gradi a 6 nodi. In coperta è visibile solo una persona anche se risulta possibile che ci siano altre persone sottocoperta”.
Nella stessa relazione di servizio, dando conto della segnalazione ricevuta da Frontex, la Guardia costiera ammette che si trattava di “una imbarcazione sospetta in quanto, a seguito di un’analisi svolta con i sistemi presenti a bordo dell’aereo Eagle 1, si registrava un flusso di chiamata dalla barca verso la Turchia e venivano rilevate risposte termiche dai boccaporti”.
Le autorità italiane non hanno evidenziato “elementi riconducibili ad una unità in distress”, nonostante solitamente una barca sovraffollata di migranti venga considerata come meritevole di immediate attenzioni. Successivamente la Guardia di finanza ha attivato una operazione di polizia, mettendo in acqua una motovedetta per una operazione di polizia (e non di soccorso).
Alle 3.48, quando la Gdf comunica il rientro dei mezzi causa maltempo, la valutazione che viene fatta è che per l’imbarcazione sospetta non ci siano “elementi di criticità in considerazione del fatto che l’unità era in assetto che a bordo era visibile una sola persona e che l’ultima posizione nota era a circa 40 miglia dalla costa”. Il mare era troppo pericoloso per le navi della Guardia di finanza, ma non abbastanza per quell’imbarcazione.