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ESCLUSIVO TPI: Ristoratore di Rimini si proclama paladino dei migranti, ma la cronologia FB lo smaschera brutalmente

Il titolare del locale col ragazzo del Gambia e il cartello anti-razzisti. Credit: Enea Conti

Riccardo Lanzafame ha accusato di razzismo i suoi concittadini: "Meno clienti dopo l'assunzione di un ragazzo del Gambia". Ma i post sui social del ristoratore raccontano un'altra storia

Di Lorenzo Tosa
Pubblicato il 19 Mar. 2019 alle 16:50 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 03:01

Qualche giorno fa aveva colpito e indignato tutti la storia di Masamba, il ragazzo di 20 anni del Gambia vittima di una presunta vicenda di razzismo a Montescudo (Rimini). Una storia perfetta per diventare un caso nazionale. Per alcuni troppo perfetta.

I fatti sono noti: nel novembre scorso Riccardo Lanzafame, titolare della locanda Malatesta, assume Masamba come pizzaiolo. Per quattro mesi tutto fila via apparentemente liscio, fino a quando, nei giorni scorsi, il ristoratore espone accanto all’insegna della propria locanda un cartello destinato a infiammare la polemica.

“In questo locale abbiamo assunto un ragazzino africano – recita la scritta – Se sei razzista, non entrare”. Il cartello – come ha spiegato Lanzafame – nasce per rispondere a un post da parte del Presidente dell’associazione dei commercianti di Montescudo, Marco Ceccoli, che sulla pagina Facebook del comune aveva scritto: “Facevo prima a prendere un Papa nero piuttosto che un pizzaiolo africano”.

Ma, più in generale, il titolare ha raccontato come, da quando ha assunto Masamba, la sua locanda si è letteralmente svuotata e addirittura sarebbe stato vittima di boicottaggio da parte di alcuni clienti che ordinano le pizze e poi non si presentano a ritirarle.

Tutto lascia pensare all’ennesimo caso di razzismo che si somma agli infiniti casi di intolleranza che negli ultimi mesi si sono moltiplicati nel nostro Paese, fino a giustificare una vera e propria emergenza.

E non c’è dubbio che il commento di Ceccoli si possa considerare di stampo vagamente razzista. Ma in questa storia sono tanti, troppi, i particolari che non tornano. A cominciare da una serie di post condivisi sulla pagina Facebook dallo stesso Lanzafame che raccontano di una persona molto lontana rispetto a quella che ha esposto il cartello anti-razzista.

Anzi, nei 4 post che vi mostriamo, emerge chiaramente il profilo di un uomo profondamente avverso ad ogni idea di integrazione, per usare un eufemismo. Si va da un video, diventato virale in rete, di un lavoratore di colore che attacca gli immigrati irregolari che “se non hanno voglia di lavorare, dovrebbero tornare nel loro paese”, a un meme pro-Salvini, definito addirittura “il miglior ministro degli ultimi 70 anni”.

E poi attacchi al sindaco di Palermo Orlando, reo di fare “il paladino dei diritti costituzionali dei clandestini” e al sindaco di Bologna che “cerca casa ai migranti, sfrattando gli italiani”. Insomma, non esattamente il ritratto dell’accoglienza.

Tutto postato tra il novembre e il gennaio di quest’anno, proprio nel periodo in cui Masamba lavorava alla locanda Malatesta. Ma ad alimentare i dubbi sulla genuinità delle accuse di Lanzafame ci sono ulteriori elementi.

Quello che in nessuno dei resoconti sulla vicenda è emerso è che, sempre a Montescudo, esiste un altro locale, una pizzeria gestita da un proprietario romano ma nato in Eritrea, con “una bellissima cognata africana” – come si legge in un commento Facebook di una cittadina del posto – e che “organizza spesso serate a tema con cucina etnica”, senza che nessun abitante abbia mai manifestato il benché minimo fastidio o messo in atto alcuna forma di boicottaggio.

“Insomma, saremo anche un paesino di quattro anime, ma ci piacciono i locali dove si mangia bene, e il colore della pelle di chi ci lavora non è mai stato un problema. Nella Locanda Malatesta – si conclude il post – la gente non ci va perché non si trova bene. Punto”.

Ma non è certo l’unica voce critica tra i cittadini di Montescudo, che proprio non ci stanno a passare per razzisti. Già, perché, nella corsa alla notizia sensazionalistica, a finire nel tritacarne mediatico è stata un’intera comunità, che negli anni, semmai, si è sempre distinta come aperta, accogliente, al punto da ospitare addirittura due centri per rifugiati in un territorio assai ridotto, senza che ciò sia mai stato fonte di polemica, come ha sottolineato la stessa sindaca Elena Castellari.

“Il Comune di Montescudo Monte Colombo non è assolutamente razzista. Questo territorio vanta, al contrario di ciò che si sente raccontare oggi, una coesione e una solidarietà non comuni, con esperienze particolarmente virtuose di integrazione e di impegno sociale, come dimostrano anche le due comunità presenti sul territorio che ospitano rifugiati, attorno alle quali non si è mai creato alcun tipo di problema. Respingo questa etichetta che viene attribuita ingiustamente ai miei concittadini”.

In molti in rete nelle ultime ore hanno cominciato ad avanzare il sospetto che non tutto tornasse in questa storia, costringendo lo stesso Lanzafame a scrivere un post in cui accusa apertamente di razzismo chiunque metta in dubbio la sua versione, e utilizzando in maniera goffa il suo dipendente in quella che, più che a una difesa, assomiglia a una vera e propria strumentalizzazione.

“Sta girando un video di un ragazzo giovane su YouTube che dice che e tutto falso – ha scritto ieri sera Lanzafame – Chi lo conosce me lo porti qui di persona, sto merda razzista, che dice sono caro? Sono sporco? X che e andato da tutti e non e venuto da me di persona? Allora il video e x difendere chi? Vuole visualizzazione, non dategli soddisfazione. Se qualcuno la pensa come lui si faccia avanti con me e Masamba”.

Insomma, più che una brutta storia di razzismo, quella di Masamba assomiglia sempre più a una pessima storia di strumentalizzazione di un tema delicato e attualissimo che merita di essere affrontato in maniera seria e rispettosa nei confronti di tutti, non solo dei cittadini di Montescudo ma anche, e soprattutto, nei confronti di Masamba.

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