Leggi TPI direttamente dalla nostra app: facile, veloce e senza pubblicità
Installa
Menu
Home » Migranti

Il comandante della Open Arms a TPI: “Contro le ong pressioni anche dall’Unione europea”

Riccardo Gatti, comandante della flotta di navi della Open Arms. Credit: Valerio Nicolosi

Intervista a Riccardo Gatti, numero uno della flotta di navi dell'ong spagnola: "Nero su bianco, si dice che noi violiamo le normative internazionali in materia di soccorso in mare"

Di Valerio Nicolosi
Pubblicato il 14 Gen. 2019 alle 17:48 Aggiornato il 15 Nov. 2019 alle 15:28

L’inviato di TPI Valerio Nicolosi ha intervistato Riccardo Gatti, comandante della flotta di navi della Ong spagnola Open Arms.

Open Arms è l’ong che nell’estate 2018 ha recuperato nel mar Mediterraneo i cadaveri di una donna e di un bambino al largo delle coste libiche, e salvato Josefa, l’unica sopravvissuta al naufragio nella notte tra il 16 e il 17 luglio. A bordo della nave c’era anche Nicolosi: qui il suo diario di bordo.

Nei giorni a ridosso di Natale, una nave di Open Arms ha salvato 311 migranti nel mar Mediterraneo ma si è vista negare da Malta e Italia l’autorizzazione a sbarcare: la nave, alla fine, ha ricevuto il via libera dal Governo spagnolo ed è potuta sbarcare nel porto di Algeciras, vicino Gibilterra.

Qui il reportage di Valerio Nicolosi, che in quei giorni è salito a bordo dell’Open Arms: “Il mio viaggio di Natale insieme ai 300 migranti della Open Arms: scabbia, gelo e un neonato di 2 chili senza latte”.

Credit: Valerio Nicolosi
Da quando siete rientrati con le 310 persone alla vigilia di capodanno, che cosa è cambiato per il governo spagnolo?

Quando la Open Arms è arrivata a Algeciras, siamo rientrati prima a Barcellona per preparare la nave alla nuova missione e successivamente abbiamo chiesto l’autorizzazione ad uscire dal porto per andare in zona SAR a fare il nostro lavoro, che però ci è stata negata.

Nero su bianco, si dice che noi violiamo le normative internazionali in materia di soccorso in mare, perché le persone soccorse devono essere portate il prima in un porto sicuro.  Il problema è che per la terza volta salviamo le persone e dobbiamo arrivare fino in Spagna perché Italia e Malta ci chiudono i porti. È un discorso vergognoso, è come dire che gli ospedali funzionano male e quindi non facciamo uscire le ambulanze.

Pensi che la pressione arrivi anche da Bruxelles?

Credo di sì. Non so se direttamente o indirettamente ma credo che arrivino dall’Unione europea. Però, visto che nel documento in cui ci negano l’approdo c’è scritto che Italia e Malta non aprono i porti, attraverso i nostri avvocati abbiamo chiesto al Governo spagnolo di andare al Tribunale Internazionale del diritto del mare e denunciamo la cosa.

Dopo il caso Sea Watch 3 pensi che ci sia in corso una nuova guerra contro le ong?

È l’ennesimo atto contro le ong in una dinamica che ormai conosciamo da tanto tempo. So che in Spagna c’è la Aita Mari, una nuova nave armata dalla Ong “Maydayterraneo” che è ferma in porto da tempo. Dovrebbero uscire nei prossimi giorni ma credo che verrà impedito anche a loro.

LEGGI ANCHE: TPI a bordo della nave Sea Watch 3: “Alcuni migranti rifiutano cibo, il teatro della politica italiana non ci interessa”

Quale sarà il prossimo passo?

Il prossimo passo non te lo so dire, però sono sempre passi che vanno nella direzione della difesa e tutela delle persone. Quello che so è che continueremo a denunciare le vergogne e le prevaricazioni degli stati. È anche per questo che ci fanno questo tipo di rappresaglie. Quando in mare non ci siamo noi e le altre navi, le persone muoiono ma soprattutto nessuno può denunciare quello che succede.

Credit: Valerio Nicolosi
Leggi l'articolo originale su TPI.it
Mostra tutto
Exit mobile version