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Migranti, le Ong chiedono un incontro urgente a Conte: “Sulle due navi esseri umani bisognosi di cure”

Credit: Valerio Nicolosi
Di TPI
Pubblicato il 8 Gen. 2019 alle 16:28 Aggiornato il 11 Set. 2019 alle 02:34

Le Ong hanno scritto al premier Giuseppe Conte chiedendo un incontro urgente per chiarire i passi intrapresi dall’Italia per sbloccare la situazione dei migranti della Sea Watch e Sea Eye, ribadendo e organizzazioni ribadiscono la richiesta dello sbarco immediato dei 49 migranti bisognosi di cure e di assistenza umanitaria.

“Dopo cinque giorni dal nostro appello allo sbarco immediato dei 49 migranti a bordo delle navi Sea Watch e Sea Eye, bambini, donne e uomini non hanno ancora toccato terra e restano ostaggio di una disputa tra Stati”.

> Sea Watch, il reportage di TPI con le storie dei migranti a bordo della nave

Per questo motivo “chiediamo con urgenza al presidente del Consiglio Giuseppe Conte un incontro per chiarire i passi intrapresi dall’Italia per sbloccare la situazione e la posizione del nostro Paese sulla vicenda”, è scritto nel messaggio inviato da più realtà.

Quali sono le ong che hanno scritto al premier Conte

Queste le ong che hanno scritto al premier Conte:

– A Buon Diritto Onlus

– Acli

– ActionAid

– Amnesty International Italia

– Arci

– ASGI

– Avvocato di Strada

– Focus – Casa dei Diritti Sociali

– CNCA

– Centro Astalli

– CIR Consiglio Italiano per i Rifugiati

– Comunità di S. Egidio

– Emergency ONG

– Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia – FCEI

– Salesiani per il Sociale

– INTERSOS

– Medici Senza Frontiere

– Me’decins du Monde Missione Italia

– Medici per i Diritti Umani

– Oxfam Italia

– Save the Children Italia

– SenzaConfine

– Terre des Hommes

Cosa chiedono le Ong al premier Conte

L’appello lanciato nei giorni scorsi dalle Organizzazioni è stato accolto e diffuso da diverse associazioni e realtà della società civile che hanno voluto unirsi e sostenere con forza la richiesta dello sbarco immediato dei 49 migranti sulla SeaWatch e SeaEye.

“Le condizioni delle persone a bordo delle due navi stanno peggiorando di ora in ora e non è più possibile attendere oltre. Per questo motivo la priorità assoluta per tutti dovrebbe essere quella di lavorare affinché tutti i migranti possano toccare terra il prima possibile e non lasciarli altro tempo in mare, dando loro tutte le cure e l’assistenza umanitaria di cui hanno diritto”.

Perché è illegittimo negare l’attracco in un porto sicuro

Quanto sta avvenendo con la Sea Watch 3 e la Sea Eye, hanno spiegato i giuristi dell’Asgi, “costituisce l’illegittimità di quanto sta, nuovamente, accadendo nel Mediterraneo: il diritto di sbarco in un porto sicuro viene posto in discussione in ogni singolo episodio di salvataggio, senza considerazione alcuna per le norme”.

Ecco perché, secondo i giuristi, è illegittimo negare l’attracco in un porto sicuro:

il diritto internazionale del mare (Convenzione Sar sulla ricerca e il soccorso in mare ratificata dall’Italia nel 1989; Convenzione Solas sulla salvaguardia della vita umana in mare ratificata dall’Italia nel 1980 e la Convenzione delle Nazioni unite sul diritto del mare, ratificata nel 1994, tra le altre) prevede che gli Stati e, quindi, anche le autorità italiane, abbiano l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie a che tutte le persone soccorse possano sbarcare nel più breve tempo possibile in un luogo sicuro;

il rifiuto di consentire lo sbarco, in particolare a persone vulnerabili (donne e bambini, anche piccolissimi) sfuggite a torture e violenze, che oggi si trovano in permanenza prolungata su una nave in condizioni di sovraffollamento e di promiscuità e con bisogno di accesso a cure mediche e a generi di prima necessità viola inoltre le norme a tutela dei diritti umani fondamentali e sulla protezione dei rifugiati, in particolare l’art.2 (diritto alla vita) e l’art.3 (divieto di trattamenti inumani e degradanti) della Convenzione europea per i diritti dell’Uomo, oltre che il principio di non refoulement e il diritto di accedere alla procedura di asilo sanciti dalla Convenzione di Ginevra, dal diritto comunitario e dall’art.10 c.3 della Costituzione italiana.

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