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“Vi spiego perché è illegittimo portare in Albania i migranti della Diciotti”

Nella foto Lorenzo Trucco, presidente Asgi

Lorenzo Trucco, il presidente dell'Associazione per gli Studi Giuridici per l'Immigrazione, commenta a TPI perché portare in Albania, un paese terzo, le persone sbarcate dalla nave della Guardia costiera italiana sarebbe un allontanamento coatto

Di Marta Facchini
Pubblicato il 29 Ago. 2018 alle 13:19 Aggiornato il 29 Ago. 2018 alle 17:41

Irlanda, Albania e alcune diocesi della Cei sono i luoghi di destinazione dei 177 migranti sbarcati dalla nave Diciotti.

L’intervento della Conferenza episcopale italiana è stato decisivo per sbloccare la situazione, quando la nave della Guardia costiera era ferma nel porto di Catania ma ai profughi era stato impedito di scendere.

Papa Francesco, di ritorno dal suo viaggio in Irlanda, ha sottolineato che il negoziato con il Viminale è stato gestito da padre Aldo Bonaiuto, da Gualtiero Bassetti – il presidente della Cei – e da don Ivan Maffeis.

Dall’hotspot di Messina, i migranti sono stati trasferiti nel centro “Mondo Migliore”, un Cas a Rocca di Papa, vicino Roma. Saranno poi assegnati alle diocesi italiane che hanno dato disponibilità all’accoglienza.

Gli altri andranno in Albania e in Irlanda.

Lorenzo Trucco, presidente dell’Asgi-Associazione per gli Studi Giuridici sull’immigrazione, ha spiegato a TPI cosa comporta la decisione della redistribuzione.

Una parte dei migranti trattenuti a bordo della nave Diciotti sarà trasferita in Albania: è un trasferimento illegittimo?
È la parte più sconcertante di questa situazione. L’Albania non è un paese dell’Unione Europea.
Le persone sbarcate dalla nave della Guardia costiera si trovano ora sul territorio dell’Unione e quando faranno la domanda di protezione internazionale saranno sottoposte alla normativa dell’Unione.
Potranno decidere di loro spontanea volontà se andare in Albania: se così non fosse, questo si trasformerebbe in un allontanamento coatto. Di per sé la situazione è preoccupante: sembra che non esistano più le leggi, le convenzioni, i diritti. E lo stiamo verificando sempre più spesso, purtroppo.
Bisogna riformare Dublino per arrivare a una gestione condivisa dell’accoglienza?
Sì, lo diciamo da tempo. La Convenzione di Dublino è basata sul principio cardine del paese di primo arrivo. La cosa che sconcerta di più è che la proposta di riforma di Dublino, condivisibile anche se migliorabile, è ancora ferma. Non bastano solo le parole.
La Cei ha dato disponibilità ad accogliere. La decisione cosa comporta dal punto di vista giuridico?

La Cei non è uno stato sovrano ed è intervenuta per sbloccare una situazione che si ritorceva sui migranti, che sono le vittime.

Ma le persone sono in Italia e quindi la protezione seguirà la procedura prevista dall’Unione Europea, che è quella del primo paese di arrivo. Questo al di là della forma dell’accoglienza, che può essere privatistica o come, si è sperimentato in passato, quella dei corridoi umanitari.

I migranti devono essere informati della loro condizione. È successo?
Il problema del diritto all’informazione è centrale. È una questione molto sensibile nelle zone di confine, pensiamo a Bardonecchia, e nei confini marini. i migranti devono sapere che possono chiedere protezione, che possono essere ricongiunti con i familiari sul territorio dell’Unione Europea, che devono avere assistenza e possibilità di essere avviati a un percorso lavorativo. Un tema centrale ma è sempre stato un punto debole nella gestione dell’accoglienza.

Ora mi auguro che questa fase si possa superare ma è uno dei momenti più delicati: non dimentichiamo che i migranti della Diciotti sono vittime e conoscere quali sono i loro diritti fondamentali è un elemento ineludibile e di civiltà.

La specificità del Caso Diciotti – i migranti trattenuti su una nave militare italiana, l’accordo con l’Albania, che è un paese terzo, l’intervento della Chiesa – può rappresentare un precedente per la gestione dell’accoglienza in Italia?
Uno degli aspetti più preoccupanti, e lesivi dei diritti umani, è stato il trattenimento sulla nave. Illegittimo, su cui la magistratura sta indagando concentrandosi su vari aspetti, penali ma anche più generali.
Le persone a bordo della Diciotti sono sicuramente richiedenti protezione internazionale perché la richiesta è data da una manifestazione di volontà che può anche risiedere nel tipo di comportamento assunto. Questi uomini e queste donne arrivano dall’Eritrea, sono stati salvati e mi sembra evidente che formalizzeranno la loro richiesta.

Poi, il trattenimento è avvenuto su una nave italiana, in un porto italiano, quando le persone erano già nel territorio dell’Unione Europea: è una grave violazione e non deve diventare un precedente.

Mi sembra che oggi una delle cose più gravi sia chi si fa beffa della legge e non ne tiene in nessun conto.

Il sistema dei diritti umani – una delle ricchezze europee di cui andare fieri – è sotto attacco. Lo vediamo nei confini, dove la prassi supera la norma, ma lo vediamo anche verso chi è arrivato sul territorio nazionale, era a bordo di una nave italiana ed era sottoposto alla normativa italiana.

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