Per adesso il 2022 sembra essere l’anno più caldo di sempre in Italia, o almeno se finisse ora lo sarebbe. È quanto raccontano i dati raccolti dall’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima del Cnr (Isac – Cnr) che effettua rilevazioni sule temperature dal 1800. Sono stati registrati ben 0,98 gradi sopra la media nei primi mesi dell’anno. Giugno e luglio i periodi peggiori con rispettivamente +2,88 e +2,26 gradi. Questo, però, non vuol dire che sarà davvero l’anno più caldo di sempre: “Se nei prossimi mesi le medie mensili dovessero scendere, anche quella annuale scenderebbe”, ha precisato Michele Brunetti dell’Isac – Cnr che ha aggiunto: “Luglio 2022 è secondo solo al 2003”, in quanto a temperature elevate.
L’anno più caldo dal 1800, fino a ora, è stato il 2018 con +1,58 gradi sopra la media. Si erano registrati, infatti, +2,37 gradi a gennaio e +3,5 gradi ad aprile. Temperature che hanno pesato in modo rilevante. In Italia, la classifica degli anni più caldi si concentra proprio nell’ultimo decennio e al proprio interno vede il 2018, il 2015, il 2014, il 2019 e il 2020.
Oltre al gran caldo, quest’anno le precipitazioni sono diminuite del 45% provocando danni al settore agricolo. La Coldiretti ha spiegato che “siamo di fronte a un impatto devastante della siccità e delle alte temperature con danni all’agricoltura che superano i 6 miliardi di euro, pari al 10% della produzione nazionale”. E ha aggiunto: “Le campagne italiane sono allo stremo con cali produttivi del 45% per il mais e i foraggi che servono all’alimentazione degli animali, del 20% per il latte nelle stalle, del 30% per il frumento duro per la pasta di oltre 1/5 delle produzione di frumento tenero, del 30% del riso, meno 15% frutta ustionata da temperature di 40 gradi, meno 20% cozze e vongole uccise dalla mancanza di ricambio idrico nel Delta del Po, dove si allargano le zone di “acqua morta”, assalti di insetti e cavallette con decine di migliaia di ettari devastati”.
Secondo l’analisi di Coldiretti, il cambiamento climatico ha portato anche a una tendenza alla tropicalizzazione: precipitazioni brevi e intense, rapido passaggio dal sole al maltempo con conseguente sbalzo termico, sfasamenti stagionali.
A preoccupare, quindi, è anche la vendemmia. In Italia è iniziata con una prospettiva di calo del 10% delle uve ed è allarme negli uliveti. Coldiretti, inoltre, ha precisato che oltre che in pianura gli effetti del cambiamento climatico sono importanti anche in montagna. I pascoli, infatti, sono sempre più secchi e le pozze dove bevono gli animali sono asciutte a causa della siccità e delle alte temperature. “La mancanza di acqua manda in crisi un sistema fondamentale per l’agricoltura e l’allevamento in montagna mettendo a rischio produzioni tipiche, dai formaggi ai salumi. Un patrimonio conservato nel tempo grazie alle imprese agricole che assicurano un impegno quotidiano per la salvaguardia delle colture agricole, la tutela del territorio dal dissesto idrogeologico e il mantenimento delle tradizioni alimentari”, ha spiegato Coldiretti.