Caterina Emili, autrice del romanzo La scimmia e il caporale: “Racconto la mia Puglia bella e terribile”
Ceglie Messapica, provincia di Brindisi. Uliveti, pietre e mare. Terra di caporalato e braccianti, che tornano dai campi dopo una giornata passata sotto il sole per pochi soldi. Qui, tra lavoratori e padroni, Caterina Emili ambienta La scimmia e il caporale, il suo ultimo romanzo pubblicato dalla casa editrice E/O.
“È bella e terribile la Puglia”, racconta a TPI l’autrice che, dopo una vita trascorsa a Milano come giornalista, in Puglia ha deciso di venirci a vivere. Ci trascorre sei mesi l’anno. Gli altri sei, invece, li passa in Umbria. “È allegorica: accogliente e dura allo stesso tempo. Buona e generosa, terribile e feroce”.
Le contraddizioni della terra natia di Giuseppe Di Vittorio, il sindacalista fondatore della Cgil, Emili le racconta con gli occhi di Vittore Guerrieri, protagonista anche dei precedenti Il volo dell’eremita e L’innocenza di Tommasina, personaggio sprofondato in una regione che all’inizio gli sembra dolcissima e poi mostra il suo volto peggiore. A Ceglie Messapica, dove pensava di avere finalmente trovato pace, Vittore trova invece un nuovo tipo di amore. Addolorata, detta Lotta, figlia degli antichi zingari di Latiano, conquista l’anima del protagonista e quasi riesce ad annientarla. Insieme all’amico maresciallo Tamurri, Vittore indaga sulla morte della giovane Katerina e sulla piaga del caporalato.
I lavoratori sfruttati nei campi, le braccianti che ricevono pochi euro l’ora, Emili li ha visti direttamente. Li conosce, li ha ascoltati e raccontati. “Ho sentito parlare queste donne pagate una miseria, che partono la mattina all’alba. Mi hanno detto che, se non vanno a lavorare, a casa non si mangia. Allora accettano anche lo sfruttamento. Ma chi dà solo un euro l’ora non è un imprenditore o un datore di lavoro: è un padrone”, spiega l’autrice.
Alla base della scrittura, ci sono le intercettazioni, i processi, le carte che Emili ha studiato e trascritto nella forma del noir. “Parlo di quello che accade, non invento nulla. La mia è una forma di romanzo sociale. Faccio ricerca, prima di scrivere: il libro è pieno di intercettazioni telefoniche, verbali di polizia, denunce e processi. Sono una giornalista e non ho mai smesso di esserlo. Se nasci con questo occhio indagatore, ci rimani tutta la vita”, spiega.
Ceglie Messapica, dove vive la scrittrice e paese natio della nuova ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova, negli anni Cinquanta e Sessanta era nota per essere una delle capitali del caporalato. Il 19 maggio 1980 tre giovani donne persero la vita in un drammatico incidente stradale sulla superstrada Taranto-Brindisi: erano braccianti reclutate dal caporale per la raccolta delle fragole. Viaggiavano su una Ford Transit da nove posti ma erano molte di più: erano stipate sui sedili, sedute le une sulle gambe delle altre. Il 6 settembre 1991, due braccianti morirono in un pulmino mentre andavano a lavorare.
“Contro il caporalato serve organizzazione e bisogna denunciare chi sfrutta”, afferma Emili. “Nel mio romanzo, definito un noir compassionevole, si può provare pietà per l’assassino ma non per la sua colpa. Non c’è perdono per il delitto del caporalato, mai”.
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