Cannabis light commercianti abbandonati dallo Stato
Cannabis light commercianti | Da giovedì 30 maggio, un clima di preoccupazione e inquietudine regna nei canapa shop di tutta Italia.
Motivo: la Corte di Cassazione ha emanato una sentenza informativa in cui si stabilisce che “è interdetta la commercializzazione al pubblico, a qualsiasi titolo, dei prodotti derivati dalla coltivazione della ‘cannabis sativa L’, salvo che tali prodotti siano in concreto privi di efficacia drogante”.
All’indomani della sentenza, che non specifica cosa si intenda per “effetto drogante” lasciando quindi i commercianti in uno stato di totale confusione su cosa sia legale o no vendere, TPI aveva incontrato i gestori di tre diversi canapa shop di Roma. Fra questi, solo Giulio, che lavora al Green Monkey di via Reggio Emilia, aveva deciso di non ritirare i prodotti CBD dai suoi scaffali. “Non ho niente da nascondere, perché dovrei sentirmi un criminale?”, ci aveva detto.
A una settimana esatta dalla sentenza della Cassazione (ma diversi sequestri in tutta Italia dopo), Giulio e Marco hanno però deciso di ritirare dagli scaffali la loro merce.
Nuovamente raggiunti da TPI nel loro negozio, ci hanno raccontato come stanno evolvendo le cose in questi giorni.
“È come se all’improvviso fosse scoppiata una bomba”, esordisce Marco.
La sensazione è quella di scivolare pericolosamente fra legalità e illegalità nella totale assenza di linee guida da parte dello Stato. Di fronte a questa situazione stagnante, gli operatori del settore stanno cercando di fare fronte comune, sia a livello regionale che nazionale.
Domenica 2 giugno, a Roma, si è tenuta una riunione di commercianti a cui ha preso parte il senatore M5s Lello Ciampolillo. Il politico barese si è impegnato a sostenere i commercianti di canapa shop in questo momento delicato e ha promesso di presentare una proposta di legge finalizzata a salvare il settore.
“Ringraziamo Ciampolillo, speriamo che le istituzioni ci diano una mano e che questa situazione di incertezza sia chiarita al più presto”, dichiara Giulio.
“Finché la Cassazione e lo Stato non si esprimeranno in modo chiaro su cosa è legale e cosa no, continuerà a esserci confusione tanto dalla parte di chi vende quanto da quella di chi esercita i controlli sui prodotti”.
Giulio e Marco, che come tanti altri venditori del loro settore hanno aperto il Green Monkey tre anni fa, affermano di sentirsi presi in giro da uno Stato “che prima ti fa pagare le tasse e poi ti demonizza”.
“È importante ricordare che commercianti e imprenditori hanno avviato tutti i percorsi istituzionali del caso, dal dichiarare l’attività a servirsi di commercialisti e notai per costituire le società, oltre ovviamente a pagare regolarmente l’IVA”.
E continua: “In realtà, noi saremmo felici di subire controlli anche regolari, se solo le norme a cui adattarci fossero chiare. Essendo lavoratori come gli altri, abbiamo interesse a vendere prodotti certificati”.
La confusione che si crea da “leggi fatte male e a metà” comporta danni economici ingenti per i lavoratori, spiega ancora Giulio con il suo tono di voce sempre pacato.
“Penso a tante persone che hanno cambiato la loro attività pensando di essere nella piena legittimità, che hanno investito in un settore e ora rischiano di trovarsi a piedi da un giorno all’altro e a dover licenziare decine di dipendenti”.
Cannabis light commercianti | In bilico fra legalità e illegalità
Per Giulio, però, non è solo una questione di burocrazia e denaro. Secondo lui, la legalizzazione di prodotti derivati da cannabis light assesterebbe anche un duro colpo al proliferare delle droghe pesanti fra i giovani.
“È importante capire che non è l’erba la porta dell’inferno, ma l’illegalità“, afferma.
“Si dice spesso che si comincia con l’erba e si finisce con la cocaina o peggio. È vero, ma questo accade per colpa dei giri di spaccio in cui finiscono giovani e meno giovani”.
Entrambi i gestori del Green Monkey tengono a precisare che il limite di età stabilito per fare uso di cannabis light non dovrebbe comunque essere posto al di sotto dei 18 anni.
“Se si facessero studi seri di settore, diventerebbe anche più facile informare sui danni che l’uso di THC provoca al cervello dei giovanissimi”.
“La strada intrapresa è invece quella di un’inutile caccia alle streghe”, conclude Giulio.
Martedì 11 giugno si tiene un sit-in pro Canapa Light in Piazza Montecitorio, a Roma, dalle 11 alle 13.
Attualmente, i marchi di cannabis legale distribuiti in Italia sono 18 e sono distribuiti da Cannabis Light Italia (Qui il sito ufficiale con tutti i brand).
A quasi tre anni dall’apertura dei primi canapa shop in Italia, ci sono circa 800 negozi distribuiti sul territorio nazionale, con una filiera che coinvolge oltre 10mila persone.
L’anno scorso, il volume di affari è stato di 150 milioni di euro e stando alle ultime statistiche si potrebbe arrivare a 36 miliardi di euro a livello europeo entro il 2021.
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