“In molte e molti ieri si domandavano – data la giovane età – perché fosse comparsa la scritta ALDRO VIVE sul nostro palco”.
Comincia così il post pubblicato lo scorso 9 giugno su Facebook da Alberto Guidetti, in arte Bebo – voce, sintetizzatore e drum machine della band bolognese Lo Stato Sociale. La scritta, apparsa anche al grande concerto dell’8 giugno al Carroponte di Sesto San Giovanni (Milano), verrà portata in giro per l’Italia dalla band tutta l’estate in occasione del loro Una vita in vacanza Tour.
Questa dedica ha lo scopo dichiarato di mantenere viva la memoria di Federico Aldrovandi, studente ferrarese morto il 25 settembre 2005 in seguito ad uno scontro violento con quattro agenti di polizia sulle strade di Ferrara. “La vicenda è stata insabbiata e nessuno di quei quattro ha mai visto un giorno di carcere. Ci dispiace per loro perché la nostra memoria è la vostra condanna”, continua Bebo nel suo post.
Così, dopo averlo ricordato anche sul palco del Festival di Sanremo, Lo Stato Sociale quest’anno ha fatto apparire una scritta di polistirolo dorata che legge “Aldro vive” durante i concerti del loro tour Una vita in vacanza.
Gruppo indie pop formatosi nel 2009 a Bologna, negli ultimi anni Lo Stato Sociale si è trasformato da band di nicchia in un fenomeno del pop italiano, aggiudicandosi il secondo posto a Sanremo 2018 con la loro canzone Una vita in vacanza ed riempendo stadi e palazzetti in tutta Italia.
Da anni il gruppo di Bologna si impegna per ricordare lo studente ferrarese, loro coetaneo. Nell’album Turisti della Democrazia, nel 2012, il nome di Federico è citato nel brano Abbiamo Vinto la Guerra. Ma il loro impegno in questo senso nasce prima, nel fatidico settembre 2005. Al tempo soltanto amici, i futuri componenti de Lo Stato Sociale sono tra i primi a parlare dell’accaduto in radio il giorno successivo. Partecipano, nei mesi seguenti, a diversi cortei, perchè “sarebbe potuto capitare a noi”.
Federico Aldrovandi: la storia
Tornando a piedi da una serata al locale Link di Bologna alle 6 del mattino, il diciottenne Federico Aldrovandi è sotto effetto di alcune sostanze stupefacenti quando ha una violenta colluttazione con quattro agenti di polizia, che lo descrivono come “invasato violento in evidente stato di agitazione”.
Lo scontro porta alla morte del giovane, trovato dal personale del 118 “riverso a terra, prono con le mani ammanettate dietro la schiena”. Federico è incosciente e non risponde. Ne verrà constatata la morte per arresto cardio-respiratorio e trauma cranico-facciale.
Nel luglio 2009 quattro poliziotti vengono condannati in primo grado per “eccesso colposo nell’uso legittimo delle armi”. La Corte di Cassazione, nel giugno 2012, conferma la condanna a 3 anni e 6 mesi di reclusione.
Federico Aldrovandi e il commento di Matteo Salvini
Nel febbraio 2014, gli agenti sono tornati sul posto di lavoro e sono stati accolti dagli applausi e le standing ovation al congresso del Sindacato Autonomo di Polizia. Contro le polemiche sorte attorno a questa reazione controversa si era scagliato all’epoca l’ora ministro dell’Interno Matteo Salvini.
In un post su Facebook il leader della Lega aveva commentato: “Polemiche contro i POLIZIOTTI del Sap che hanno osato applaudire dei loro colleghi condannati. IO STO CON I POLIZIOTTI, con i Carabinieri, e con chiunque rischia la vita per difendere i Cittadini”.
A oltre dodici anni di distanza dall’accaduto, la vicenda e la successiva sentenza continuano ciclicamente a far discutere. Amnesty International ha definito il processo ai quattro poliziotti Enzo Pontani, Luca Pollastri, Paolo Forlani e Monica Segatto “un lungo e tormentato percorso di ricerca della verità e della giustizia”.