Passiamo talmente tanto tempo davanti allo smartphone tutti i giorni da essere sempre più spesso distratti e molto meno produttivi rispetto al passato.
Questa notizia puoi leggerla direttamente sul tuo Messenger di Facebook. Ecco come
Un post pubblicato di recente sul blog della Bank of England da Dan Nixon, esperto di strategie e contenuti, fa luce su alcuni aspetti in grado di confermare la tesi che vuole i nostri cellulari di ultima generazione come i principali responsabili della crisi di attenzione che attanaglia da tempo il mondo del lavoro.
La bassa produttività è un problema di buona parte delle economie più avanzate, soprattutto Stati Uniti e Regno Unito. Dopo la crisi economica del 2008 il tasso è andato calando abbastanza velocemente, facendo precipitare nell’incertezza gli analisti di tutto il mondo che con sempre maggiori difficoltà riescono a spiegare i motivi del fenomeno.
In base allo studio svolto da Nixon, a una minore produttività corrisponde una maggiore diffusione di smartphone: una tesi confermata dalle tabelle, che mostrano come i due dati siano andati di pari passo negli anni.
Anche se in media interagiamo con i nostri smartphone ben più di 2.500 volte al giorno, non abbiamo però ancora prove certe riguardo le loro effettive responsabilità nel generale calo di produttività nel mondo del lavoro.
Nixon non dà risposte definitive, ma offre spunti su cui riflettere: “La mia tesi è che le distrazioni sul lavoro, che siano email, notifiche del cellulare o altro, possono portarci a essere costantemente disattenti e disinteressati in due modi diversi.”
Il primo caso riguarda semplicemente le interruzioni che, anche se saltuarie, sono in grado di ridurre drasticamente il tempo trascorso a lavorare durante le ore di ufficio.
Che usiate la rete per motivi personali o vi lasciate risucchiare dalla spirale dei social network fa poca differenza: per tornare di nuovo attenti e operativi al 100 per cento avrete bisogno di almeno 25 minuti.
Nel secondo caso, invece, le distrazioni si radicano talmente tanto in profondità da diventare vere e proprie cattive abitudini difficili o impossibili da abbandonare.
In questo gruppo rientrano tutte quelle attività in cui ci immergiamo senza neanche pensarci più di tanto, come il semplice passare distrattamente in rassegna gli aggiornamenti sulla nostra home di Facebook.
Nixon crede sia necessario studiare in maniera più approfondita il legame tra attenzione e produttività. Per questo motivo fa riferimento a uno studio del 2010 realizzato dall’Università di Harvard, secondo il quale una buona metà delle nostre giornate la trascorriamo con la testa tra le nuvole.
Una condizione che sembra essere di default nel cervello umano e che quindi non sarebbe da imputare totalmente alla cattiva influenza esercitata dalle innumerevoli meraviglie nascoste dietro gli schermi dei nostri telefoni cellulari.