Selvaggia Lucarelli si scaglia contro Rolling Stone, il giornale di cui ha diretto il sito per alcuni mesi, dopo la copertina contro Salvini.
“Un appello per una società aperta, libera e moderna me lo sarei aspettato più da Erdogan che dal mondo Rolling Stone Italia”, esordisce la giornalista in un post su Facebook, in cui racconta la sua versione di Rolling Stone, un giornale il cui ambiente viene definito “tossico, illiberale, ostile, scorretto”.
Il 5 luglio 2018 la rivista musicale Rolling Stone pubblica una copertina con la scritta “Noi non stiamo con Salvini”, su bandiera arcobaleno, chiamando alcuni tra gli artisti italiani più noti a schierarsi contro il leader della Lega.
Ad aderire all’appello sono stati vari artisti, tra attori, cantanti, giornalisti e scrittori.
Nell’editoriale firmato dal direttore della rivista, Massimo Coppola, si legge: “Ci troviamo costretti a battaglie di retroguardia, su temi che consideravamo ormai patrimonio condiviso e indiscutibile. I sedicenti ‘nuovi’ sono in realtà antichi e pericolosi, cinicamente pronti a sfruttare paure ancestrali e spinte irrazionali”.
All’appello hanno aderito diversi cantanti e band, tra cui Caparezza, Lo Stato Sociale, Elisa, Vasco Brondi, Emma Marrone, Negramaro, Diodato, Ernia, Gazzelle, Gemitaiz, Motta, Roy Paci, Mauro Pagani, Tommaso Paradiso, Lele Sacchi, Selton, Tedua, Tre Allegri Ragazzi Morti.
Tra gli attori e registi che hanno risposto all’iniziativa ci sono Marcello Fonte, Carolina Crescentini, Gabriele Muccino, Daniele Vicari.
Al ‘manifesto anti-Salvini’ di Rolling Stone hanno aderito anche scrittori e conduttori tv e radio, come Fabio Fazio Daria Bignardi, Sandro Veronesi, Linus, Costantino della Gherardesca e Michele Serra.
Ma Selvaggia Lucarelli ha tacciato di ipocrisia la presa di posizione del giornale, scrivendo che sarebbe più opportuno accertarsi di “praticare tutto ciò che vi rende così diversi da Salvini”, prima di fare una copertina di sinistra e parlare di libertà.
La presa di posizione di Selvaggia Lucarelli non ha a che fare con una simpatia a Salvini, dal momento che, come scrive nel post, detesta Salvini, “ma almeno lui è quello che è, senza doppia morale. E se ne ha una doppia, nel suo caso, quella nascosta non può che essere migliore di quella che mostra”.
Le accuse di Selvaggia al mondo Rolling Stone
Tutte le accuse che scrive nel suo post, sono state già riferite all’editore in occasione delle dimissioni.
“Nei tre mesi in cui ho provato a lavorare con voi, mi è stato impedito di realizzare un servizio su ticket one e la truffa del secondary ticketing per ragioni di convenienza, mi è stato proibito di far esprimere libere opinioni a giornalisti su dischi, attori e altro per ragioni di denaro o convenienza”, scrive la giornalista.
Non mancano le critiche alle condizioni lavorative: “È venuto l’inpgi per controllare le posizioni lavorative dei giornalisti e diverse persone sono state fatte scappare giù in strada perchè avevano contratti da lavoratori esterni e erano gentilmente invitate a lavorare IN UFFICIO e da casa anche nel weekend”, scrive ancora la giornalista.
E per non farsi mancare nulla, “l’editore urla e umilia continuamente i suoi dipendenti, al punto che, per rimanere in tema umanità, c’è più gente che negli ultimi anni è scappata da Rolling Stone che dalla Siria. E così via”.
Il caso Enrico Mentana
Tra coloro che hanno aderito all’iniziativa, Rolling Stone ha riportato anche il nome di Enrico Mentana, direttore del TgLa7.
Il diretto interessato ha però smentito con un post su Facebook, spiegando di essere stato contattato dal direttore del magazine, Coppola, ma di aver declinato.
“Non credo agli appelli o alle prese di posizione perentorie e che servono solo a scopi identitari, o a volte peggio mirano a un po’ di pubblicità gratuita. Oggi il mensile Rolling Stone fa una scelta perfettamente legittima, ma che non condivido”, ha scritto Mentana.
“Il giornalismo è fatto di racconto e di confronto delle idee, di attacco alle posizioni ritenute sbagliate, o perfino pericolose. Mai però la scelta di una persona liberamente eletta come bersaglio, come uomo nero”.
“Con sorpresa ho trovato il mio nome tra gli aderenti a questa iniziativa (a meno che “Enrico Mentana, giornalista” non sia un omonimo). È un caso di malcostume, trasandatezza, sciatteria? Non so, non ho ancora letto la rivista. So però che il suo direttore mi aveva chiesto l’adesione, e la risposta è stata chiara…No”, si legge nel post, al quale sono allegati gli screenshot dello scambio di messaggi tra Mentana e Coppola.