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Lo scherzo a 22mila persone che non avevano letto i termini di servizio di un Wi-Fi pubblico

Un fornitore ha ideato una falsa clausola per sensibilizzare gli utenti sulla corretta lettura delle condizioni dei servizi online

Di TPI
Pubblicato il 17 Lug. 2017 alle 14:40 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 19:45

Quanti di noi leggono veramente i termini e le condizioni quando si registrano a un qualunque servizio online? Probabilmente nessuno, o quasi.

Questa leggerezza sarebbe potuta costare mille ore di servizi sociali in cambio di una connessione Wi-fi gratuita a 22mila persone.

Il fornitore di servizi Wi-Fi Purple ha aggiunto una falsa clausola alle condizioni di servizio per puntare l’attenzione sulla “mancanza di consapevolezza dei consumatori” quando si accettano le connessioni a portali Wi-Fi gratuiti.

È stato così che almeno 22mila persone hanno accettato senza accorgersene una clausola di servizi che prevedeva di pulire bagni chimici, abbracciare gatti randagi e pitturare conchiglie di lumache.

All’utente può essere richiesto, a discrezione di Purple, di effettuare 1.000 ore di servizi sociali. Ciò può includere quanto segue: Pulizia dei parchi locali da rifiuti animali. Abbracciare gatti e cani randagi. Pulire manualmente le fognature. Pulire bagni chimici durante festival e manifestazioni. Pitturare conchiglie di lumaca per renderle più brillanti. Raschiare le gomme da masticare dalle strade.

Solo una persona in due settimane si è accorta della bizzarra clausola.

Lo scherzo fa parte di una trovata di Purple per annunciare di essere il primo fornitore Wi-Fi compatibile con il regolamento generale sulla protezione dei dati personali, in linea con la nuova legislazione del governo britannico che entrerà in vigore nel maggio 2018.

Le nuove leggi introdurranno una condizione che richiede “consenso univoco” prima che i dati personali o comportamentali degli utenti possano essere utilizzati per scopi di marketing.

“Gli utenti devono leggere i termini quando si registrano per accedere a una rete, quali sono i contratti, quanti dati stanno condividendo e quale licenza forniscono ai provider. Il nostro esperimento mostra quanto sia facile spuntare una casella e acconsentire a qualcosa di ingiusto”, afferma Gavin Wheeldon, ceo di Purple.

Fortunatamente, l’azienda non ha intenzione di costringere i 22mila sprovveduti a pulire bagni chimici o dipingere gusci di lumaca.

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