Viola Carofalo, leader del partito Potere al popolo, si è schierata contro una nota marca di shampoo per la sua scelta di utilizzare Chiara Ferragni come testimonial della campagna contro l’hair shaming. “È solo spettacolarizzazione, svuota di contenuto le nostre battaglie – ha scritto Carofalo in un post – è una testimonial surreale”.
L’hair shaming è un particolare tipo di bullismo che prende di mira i capelli e il modo di portarli. Rossi, biondi, ricci, troppo corti, senza tinta: sono tante le etichette, spesso dispregiative, che possono venire associate a una persona semplicemente basandosi sulla pettinatura e il colore, basate su pregiudizi, superstizioni o luoghi comuni.
Chi combatte contro l’hair shaming lo fa per scardinare quelle dinamiche e aiutare le persone ad accettarsi, sentendosi a proprio agio con il proprio corpo e quindi anche con i propri capelli.
Carofalo, sempre molto attiva nelle battaglie per i diritti civili, contesta la scelta di una modella molto popolare come testimonial di una campagna che definisce “di marketing”.
“Non è una ragazza con gli afro, o, per fare un altro esempio, una donna con pochi capelli perchè sta facendo la chemio. È Chiara Ferragni: lunghi capelli biondi sempre in piega (fatti suoi, ma mi sembra una testimonial surreale)”.
“Il divenire virale di una determinata rivendicazione (l’anti-shaming in questo caso), ha sempre due facce. Per un verso la sua diffusione è positiva, modifica il senso comune e il modo di interpretare la realtà”.
“Per l’altro la spettacolarizzazione (o peggio ancora la mercificazione) in questo caso della lotta antisessista e contro modelli definiti dall’alto rischia di svuotare di contenuto le nostre battaglie”.
Secondo la portavoce del movimento di sinistra, la difficoltà è uscire dalla “nicchia” di certe battaglie, come quella dell’hair shaming, senza cadere nella tentazione di banalizzare il messaggio adottando contenuti solamente popolari.
“Credo si debba evitare di cedere alla tentazione dell’autoreferenzialità ma anche a quella del marketing, provare a trovare un linguaggio che parli all’esterno, ma che non annacqui i contenuti”.
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