Ogni anno viene sprecato circa un terzo del cibo prodotto per il consumo umano. Solo negli Stati Uniti, il 40 per cento dei piatti va a finire nella spazzatura.
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Un problema che sembra insormontabile, nonostante i numerosi tentativi per abbattere queste cifre. Secondo Max Elder, ricercatore dell’Institute for the Future di Palo Alto, California, bisogna prima di tutto rendersi conto che non tutti i rifiuti alimentari sono uguali.
In molti credono che a fare la differenza sia la quantità dei rifiuti accumulati, citando statistiche relative al peso del cibo che ogni anno viene gettato nelle discariche.
Si tratta, però, di un valore relativo e ben poco indicativo. È molto più importante considerare il tipo di scarti alimentari che si getta nel cassonetto: mezzo chilo di verdura o carne hanno sì lo stesso peso, ma non possono essere equiparati per quanto riguarda il loro incidere nella creazione di rifiuti.
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Questo perché l’allevamento di bestiame necessita di risorse ed energie molto superiori rispetto a quelle impiegate in agricoltura. Elder fa alcuni esempi ben precisi: circa 130 litri d’acqua sono sufficienti per la produzione di mezzo chilo di broccoli, mentre per la stessa quantità di carne rossa ce ne vogliono quasi settemila.
È quindi lo stesso processo di lavorazione e preparazione degli alimenti a incidere in maniera determinante in questo contesto. I prodotti di origine animale hanno naturalmente costi più alti e conseguenze più nocive quando vengono scartati: basti pensare al fatto che l’allevamento intensivo è da molti anni tra le cause del riscaldamento globale, per le alte percentuali di emissioni di gas a effetto serra.
Secondo dati diffusi dalla Fao, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, in tutto il mondo ogni anno si spreca circa il 20 per cento di carne e latticini prodotti; per quanto riguarda il pesce, il valore sale al 35 per cento. Sono cifre molto alte che corrispondono a milioni di vite di animali andate sprecate.
Ridurre la produzione di rifiuti alimentari di questo genere, quindi, non sarebbe solo un grande passo in avanti nella lotta all’inquinamento, ma anche un modo per evitare l’uccisione di tanti capi di bestiame.