Liberato – Volto nascosto, bomber blu con il cappuccio, Napoli centro, Napoli periferia, sgugnizzi e dialetto, mix di stili r’n’b, rap, hip hop, neomelodico, elettronica, indie. Liberato è diventato un caso. Il cantante napoletano che si nasconde dietro l’anonimato sembra piacere a tutti.
Sull’artista misterioso è intervenuto anche lo scrittore conterraneo Roberto Saviano: “Liberato, un altro mistero napoletano. Non m’importa chi sia, ma da giorni mi inietto nei timpani come un tossico Nove Maggio e Tu t’e scurdat’ ‘e me”.
Nessuno sa chi è, nessuno sa chi si nasconde dietro le sue canzoni. Durante il Festival di Sanremo 2019 sono circolate voci che riconducevano il cantante “fantasma” al concorrente Livio Cori, che si è esibito insieme a Nino D’Angelo sul palco dell’Ariston.
Sono mesi che non si hanno più notizie di lui, ma Liberato sta tornando. A rivelarlo a TPI è lo scrittore e giornalista Gianni Valentino, che sul cantante ha scritto un libro intitolato “Io non sono Liberato” (edito da Arcana) in cui approfondisce il fenomeno emergente con interviste esclusive, reportage, analisi e ricerche che per la prima volta portano a galla ogni retroscena e il dietro le quinte di questo fantasma della canzone napoletana.
Non si sa più nulla di Liberato dal suo ultimo singolo “Je te voglio bene assaje” uscito nel maggio del 2018. Ma il 22 giugno è previsto a Roma un suo concerto e nei giorni scorsi, dopo mesi di silenzio, Liberato è riapparso in un video pubblicato sui suoi canali social.
In anteprima su TPI, Gianni Valentino ci racconta in questa intervista i retroscena sul nuovo videoclip e sul ritorno del misterioso cantante.
Liberato in questi mesi ha creato e sta tornando. Proprio venerdì 19 aprile sono terminati i ciak del suo nuovo videoclip ambientato tra Napoli e Capri. In particolare le riprese a Napoli sono avvenute in uno studio di registrazione storico attraverso il quale viene sintetizzata la canzone napoletana. Questo testimonia ancora una volta come questo artista, questo cantante fantasma incappucciato tende a stabilire un canone tra il suo verbo multiritmico e i codici classici, antologici della canzone napoletana. Altrimenti non avrebbe scelto questo studio di registrazione.
Studio di registrazione nel quale i figuranti sono stati parecchi e i look sono stati molto estrosi, espliciti e stravaganti. Tra pochi giorni comparirà online il nuovo videoclip anche perché il 22 giugno Liberato ha un importantissimo concerto a Roma e vorrei anticipare ai lettori di TPI la location, visto che non è stata ancora comunicata online. Nelle piattaforme digitali i fan posso acquistare ormai da Natale i biglietti. Sono già stati venduti quasi 15 mila tagliandi e la location, salvo cambiamenti dell’ultimo istante, sarà l’Ippodromo delle Capannelle, dove ogni estate Roma accoglie tanta musica.
La lunga pausa di Liberato era voluta, cercata, pensata e a suo modo strategica. Il mio libro è uscito a novembre 2018 e già nelle ultime pagine spiegavo che Liberato avrebbe mantenuto la sua latitanza ancora a lungo. Di fatto i suoi ultimi singoli risalgono a maggio 2018 (“Je te voglio bene assaje”, ndr) e sempre nel mese di maggio lui risorge dalla caverna e comunica di nuovo con il suo pubblico. Era voluta per tante ragioni di produzione e di genesi del progetto stesso.
Posso aggiungere che secondo quanto ho intuito dalle mie fonti nel videoclip del nuovo singolo di Liberato ci sarà anche un’attrice di una certa età e anche un attore esotico, mediorientale. Liberato nel video apparso sui social qualche giorno fa è su traghetto che lo porta a Capri, una delle location del nuovo video, e si sente anche un accenno alla parte sonora della nuova canzone.
Perché da giornalista e narratore mi sono sentito stuzzicato e provocato da un progetto come questo. Sono attento a tutto quello che succede nella canzone napoletana.
Liberato ha fatto una canzone e qualche mese dopo una seconda, tutti quanti hanno cominciato ad andare di matto per raccontare questo “fantasma”. I giornali parlavano di Liberato senza riportare alcuna notizia, nessun retroscena. Questa cosa mi ha infastidito, ma questo ha contribuito anche a fare crescere a dismisura il fenomeno Liberato al di là del fascino, dei meriti e del valore.
Così ho chiesto un’intervista a Liberato. Sono andato alla fonte. Ho pensato che se doveva venire a galla qualcosa dovevo chiedere al diretto interessato. In un primo momento lui ha accettato l’intervista, ma poi è scomparso. Un pomeriggio, quando avevamo il nostro primo appuntamento, non si è più presentato. Un po’ l’ho rincorso sono andato fino a Barcellona al Sonar (celebre festival di musica elettronica, ndr) dove si è esibito incappucciato e nascosto tra i laser, ma anche lì nulla.
Coì ho deciso di raccogliere tutte le informazioni, curiosità e indiscrezioni che avevo su di lui e dopo un anno di lavoro intenso ne è uscito un libro. Il proseguo lo farò solo se lui avrà voglia di fare l’intervista. Non è un’autobiografia non autorizzata di Liberato, bensì il racconto di tutto il progetto Liberato in varie fasi, quella del reportage, inchiesta, interviste. Questo è lo stile narrativo che mi sono dato, un crossover stilistico.
E ti spiego perché. Quando tutti hanno cominciato a scrivere l’impossibile su Liberato la cosa che più mi ha fatto arrabbiare era l’esasperazione con cui veniva raccontato questo fenomeno. Per questo motivo ho voluto fare un’analisi approfondita, perché per scrivere di Liberato non si può prescindere da tutto quello che gli sta attorno e con questo intendo la musica, il neo melodico, l’house, il pop urbano. Non c’è solo il personaggio, ma anche la sua musica.
C’è ne tantissima, Liberato è stato molto intelligente e sapiente nel mescolare tutta una serie di fenomeni musicali che si sono succeduti nel panorama napoletano degli ultimi Trent’anni. C’è chi sostiene che nelle canzoni di Liberato non ci sia nulla di neomelodico questo per me è un errore profondo. Per molti il mondo neomelodico è dozzinale, è quasi contiguo e legato a molti aspetti della Camorra. È da meridionale, terrone.
Ci sono, invece, tanti elementi, tante dosi del mondo neomelodico in Liberato. Liberato fonde la parlata romantica delle canzoni neomelodiche napoletane con un mondo street, con il gergo, con le luci degli adolescenti. Sta facendo un operazione furbissima: mettere assieme più target possibili.
Tutti si ritrovano nelle sue canzoni che sono in un certo qual modo “ruffiane” nel ritornello, perché sono romantiche ma ti fanno ballare, sono da aperitivo ma sono anche da club. Le puoi ballare la notte, le senti quando sei in riva al mare o quando sei da solo perché c’è quell’atmosfera di malinconia. Le ascolti insieme alla fidanzata perché c’è anche il lento. Questo è il progetto di successo Liberato.
C’è un particolare che è decisivo. È indispensabile tenerlo a mente. A prescindere da quella che può essere la ricerca scientifica che ho descritto nel libro insieme al foniatra Ugo Cesari, io dico che Livio è il canto di Liberato. Perché quando ho sentito la canzone di Cori “Non c’è fretta” ho avuto la certezza emotiva che Livio Cori canta le canzoni di Liberato.
Ribadire questo concetto significa che quando io dico che Livio è la voce, il canto di Liberato non sto dicendo che Livio è Liberato. Sto dicendo che Livio è il canto di Liberato. In altre pagine del libro sottolineo che il progetto Liberato è di un napoletano che ha lasciato Napoli e che ora vive lontano da questa città ormai da tanti anni anche se di Napoli non si è dimenticato affatto. Sia da un punto di vista umano che da un punto di vista creativo musicale, e Napoli l’ha ricordata in più occasioni con i suoi progetti paralleli.
È lontano da Napoli ma è attento a quello succede qui a Napoli. Quando faccio l’analisi dei testi, dico anche che i napoletani che vivono qui spesso non sanno parlare la lingua napoletana. Perché la lingua napoletana è una lingua a sé, non è un dialetto che può avere qualche termine e basta. E in quanto tale ha due regole scritto e parlato.
Molte di queste regole tanti non le conoscono e quindi parlano e scrivono un cattivo napoletano facendo un sacco di errori. Sia nella parlata napoletana che in quella scritta. Liberato, il progetto Liberato, è caduto negli stessi errori. Perché per esempio Mergellina, in una canzone napoletana non si può dire, ma si deve dire Margellina. Con la A ad esempio.
Converse entra in gioco in maniera netta e evidente dal terzo singolo, “Gaiola Portafortuna”. Quando non solo compare come nome e come brand nel videoclip, ma compare anche come personaggio, un attore nel video che indossa proprio le Converse. Converse ha pagato i concerti di Liberato. In particolare quello sul lungomare di Napoli del 9 maggio e quello di Milano del 9 giugno. Converse è diventato organico come brand nell’avventura di Liberato. Converse è un prodotto di massa, deve vendere. Così come Liberato è diventato quello che sta sulla bocca di tutti.
Nel libro ho raccontato come è stato fatto questo giubbotto. La rosa la ricongiungo al simbolismo della canzone napoletana. La rosa è imprescindibile nella canzone napoletana ed è imprescindibile anche come senso del divino. Uno degli aspetti di Liberato è l’aspetto sacro, lui è appassionato di San Gennaro. La rosa rimanda anche a una simbologia verginale, alla Madonna molto presente nelle canzoni napoletane, come la ferita, il corpo che sanguina per il dolore dell’abbandono d’amore, la separazione.
Poi c’è la costruzione della controfigura di Liberato, nel primo videoclip c’è soltanto una ragazzina. Quattro mesi dopo è stata costruita la silhouette di Liberato, la controfigura, l’icona che identifica Liberato. La gente sbaglia a pensare che quello che vedono sia Liberato. Quello è un personaggio, è solo l’ennesimo singolo del progetto Liberato. L’hanno costruito un po’ come un ultras che cammina con la bandana sul viso per non farsi vedere e il cappuccio da Black Block.
È questa cosa dell’essere fieri, del rivendicare l’appartenenza al territorio, di dire Napoli sempre e comunque. Come la presenza del Vesuvio, sempre e comunque. Nei videoclip c’è sempre Napoli, deve rimarcarlo come le inquadrature del videoclip sulla maglia della squadra del Napoli, e della città.
Sono tutti segni di rivendicazione che però appartengono e mirano a costruire un cliché. E un cliché che cos’è? Mimetizzarsi nella città per essere più forte, più prepotente. E questa cosa vince dappertutto. Perché la forza di Napoli è indiscutibile. La controfigura l’hanno creata nel tempo, con una serie di studi e lo dice anche la ragazza che ha cucito il giubbotto.
Se tu mi chiedi “dimmi chi è” con una domanda diretta non è che non posso risponderti, ma non posso risponderti in una sola frase perché annullerei l’architettura che c’è dentro al libro. Il libro non ha un ambizione morbosa di scavare nell’identità. Il libro ha una volontà di raccontare. E in quanto racconto, porto dalla prima all’ultima pagina una narrazione che è lo sviluppo del progetto.
Parlo anche dell’identità di Liberato ma non è il focus. Paradossalmente io parlo anche di lui, ma lo voglio togliere diciamo dai giochi. Parlando anche di tante altre cose che ci sono nella musica napoletana io parlo anche di lui, ma non posso rispondere alla domanda perché annullerei tutto. Anche se in particolare posso dirti che due sono i capitoli in cui si possono fare degli incastri e arrivare a un nome.
La cosa paradossale è che dopo che ho scritto il libro su Liberato sono iniziati ad arrivarmi messaggi da chi aveva letto il libro in cui mi scrivevano il nome e cognome di Liberato.
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