Nasceva ottant’anni fa, il 25 gennaio 1939 a Milano il grande cantautore, capace di raccontare la storia del paese, con il suo sguardo originale, eretico, indipendente.
Ci ha lasciati nel 2003, ma ad anni di distanza, vengono ancora organizzati concerti, musical e spettacoli teatrali in suo onore. Forse il suo genio è stato apprezzato troppo tardi, quando in Italia non abbiamo più intellettuali come lui.
Con la chitarra in mano e la sigaretta in bocca, la poesia e le parole erano sempre al centro. Gaber cantava di politica, di razzismo, di periferie, per questo i suoi brani sono ancora attualissimi.
Ma cosa avrebbe detto della situazione politica di oggi il Signor G?
Con questa alleanza Lega-movimento 5 Stelle il testo di Destra-sinistra acquisterebbe tutto un altro senso. La quota 100 sulle pensioni, diventerebbe un ironico monologo. Il tema immigrazione forse avrebbe stimolato nel cantautore una sonata sui naufragi in mare e sulle responsabilità dell’Europa e degli europei. E l’esplosione virale dei social network? Ci vorrebbe una rivisitazione di Quando è moda è moda.
Gaber era solito parlare anche di amministrazione e burocrazia, in opposizione alla fantasia. Il reddito di cittadinanza sarebbe finito sicuramente tra i suoi bersagli.
Il Signor G sarebbe stato ispirato (purtroppo) dal populismo dilagante, dai diritti umani violati nei confronti dei rifugiati, dalle strane alleanze politiche che sta sperimentando l’Europa di oggi.
Un valore guidava sempre il suo lavoro: la libertà. Nel 1970 dà vita ad un coraggiosissimo esperimento, il teatro canzone e scrive “La libertà non è star sopra un albero. Non è neanche il volo di un moscone. La libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione”. Anche questi versi sembrano scritti l’altro ieri, in un momento in cui la partecipazione è quella da tastiera, e l’informazione e l’impegno civile renderebbero tutti più liberi.
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