Una buona e una cattiva notizia. Prima la buona: secondo il rapporto annuale sul Global Gender Gap, l’Italia è prima al mondo per iscrizione delle donne all’università. No, non rallegratevi troppo. La cattiva: purtroppo, di tutte queste laureate il nostro paese non se ne fa niente: siamo infatti all’ultimo posto per occupazione femminile.
Per ogni 100 maschi iscritti ci sono 136 femmine, completano gli studi il 17,4% delle seconde e il 12,7% dei primi, inoltre il 60% dei laureati con lode è di sesso femminile. Di contro, siamo al 118esimo posto su 140 (i peggiori in Europa) per partecipazione femminile alla vita economica del Paese, dove la disoccupazione delle donne è di tre punti percentuali più elevata di quella maschile.
Siamo quindi un Paese che ignora la componente più scolarizzata. Nel dettaglio: per ogni cento maschi iscritti all’università, ci sono 136 donne. A completare il percorso di studi è il 17,4% della popolazione femminile, contro il 12,7% dei maschi. Ed è donna il 60% circa dei laureati con lode. Insomma, le donne si laureano di più e con voti migliori. E non è una novità che questo dato strida con quello relativo alla disoccupazione femminile, che è di tre punti percentuali più alta di quella maschile. E ancora: il part time, molto spesso imposto, riguarda il 40% delle lavoratrici e il 16% dei lavoratori.
È una delle più grandi ingiustizie perpetrate in questo paese eppure non è all’ordine del giorno di alcuna forza politica, e sappiamo bene il perché. Secondo i dati del World Economic Forum, tratti dal suo annuale rapporto sul Global Gender Gap, l’Italia è la prima al mondo per quantità di donne che si iscrivono a percorsi di formazione terziaria, dall’università in su.
Ma a fronte di questo primato, siamo 118esimi su 140 – peggiori in Europa, peggiori in Occidente – per partecipazione femminile alla vita economica del Paese. E aggiungiamoci che siamo 126esimi per parità di trattamento economico.
Secondo i dati dell’agenzia europea Eurofound, il costo complessivo per l’Italia della sottoutilizzazione del capitale umano femminile è pari a 88 miliardi di euro, cioè al 5,7% del Pil, il 23% di tutta la ricchezza persa in Europa a causa della discriminazione di genere. Da notare che siamo anche il Paese che fa meno figli al mondo, a dimostrazione del fatto che le donne non stanno a casa per la prole.
Tutte le competenze acquisite devono diventare per forza cervelli in fuga?
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