Il consumo di alcol è sconsigliato alle donne incinte, in quanto potrebbe portare allo sviluppo di disabilità fisiche o intellettive nel bambino.
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Sono però sempre più numerosi gli studi scientifici che dimostrano che esagerare con il bere potrebbe far male anche ai futuri papà.
Oltre a causare danni al sistema riproduttivo, con una consistente diminuzione nella produzione di spermatozoi, il consumo di alcol da parte dei padri può portare anche alla comparsa di problemi neurologici, comportamentali e biochimici nelle generazioni successive.
Alcuni esperimenti condotti su animali hanno provato che una piccola quantità di etanolo nello stomaco può causare seri danni ai testicoli, distruggendo cellule essenziali alla formazione di sperma.
Risultati simili anche per quanto riguarda gli uomini: una ricerca realizzata raccogliendo dati su un campione di poco più di un migliaio di uomini danesi di età compresa tra i 18 e i 28 anni ha rivelato che, dopo aver bevuto più di cinque drink in una settimana, la quantità e la concentrazione degli spermatozoi in loro era nettamente peggiorata.
In base a questi risultati, quindi, si evince che anche il semplice consumo abituale ma non eccessivo di alcolici può essere dannoso per chi ha in programma di mettere su famiglia.
A dimostrazione di ciò c’è un altro studio, secondo il quale le compagne di uomini che hanno bevuto dieci o più drink nella settimana precedente il concepimento del bambino rischiano un aborto spontaneo tra le due e le cinque volte in più rispetto al normale.
Il consumo abituale di alcol precedente la fecondazione, inoltre, può portare allo sviluppo di malattie o difetti molto gravi nel bambino come leucemia, malformazioni cardiache, microcefalia e disturbi cognitivi.
Uno studio condotto da un team di ricercatori italiani dell’Università di Catania ha introdotto ulteriori motivi di forte preoccupazione per tutti i futuri papà: l’assunzione cronica di alcol potrebbe addirittura portare ad alterazioni epigenetiche nel bambino.
Queste modifiche possono essere trasmesse all’embrione sin dal primo stadio del suo sviluppo e, pur non comportando cambiamenti nella sequenza del dna, potrebbero causare delle mutazioni durante la crescita in grado di mettere in pericolo sia la gravidanza della madre, sia la salute del feto.
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