Negli ultimi giorni Facebook è stata travolta dallo scandalo Cambridge Analytica, la società di analisi che ha utilizzato i dati degli utenti per creare un potente software al fine di prevedere e influenzare le scelte elettorali attraverso annunci politici personalizzati.
La vicenda sta avendo forti ripercussioni sul social network fondato da Mark Zuckerberg. Lo stesso Zuckerberg ha ammesso gli errori commessi da Facebook annunciando l’introduzione di alcuni importanti cambiamenti, che dovrebbero rendere più difficile la raccolta illegale di dati e informazioni riservate.
Evidentemente, però, la necessità di dare un restyling alla propria immagine ha spinto Facebook ad accelerare un progetto che era in cantiere da tempo: la creazione di una propria città nel cuore della Silicon Valley.
Nome: Zucktown, in onore del fondatore e comandante in capo.
Il social network emblema della virtualizzazione delle relazione umane punta quindi a darsi una veste diversa, sulla scia di quanto già progettato da Google, che realizzerà un quartiere totalmente hi-tech e smart a Toronto, in Canada.
Il piano di Facebook, però, va oltre l’elemento puramente tecnologico. L’idea è quella di realizzare una porzione di città che venga incontro alle esigenze della popolazione più povera della Silicon Valley.
Facebook, infatti, vuole costruire 1.500 appartamenti in un’area tra Menlo Park e East Palo Alto. Solo alcuni di questi sarebbero destinati ai dipendenti della società. Quelli più economici, invece, circa 225 abitazioni, verrebbero dati in uso alla popolazione meno abbiente della zona a un prezzo più basso di quello di mercato.
Per gli impiegati di Facebook, invece, che già ricevono corposi bonus se decidono di abitare nei pressi del quartier generale della società, i prezzi delle abitazioni sarebbero in linea con quelli di mercato.
Oltre alle abitazioni, Zucktown punta, anche grazie all’utilizzo di tecnologie all’avanguardia, ad essere a bassissimo impatto ambientale. Una paradiso ecosostenibile, insomma, composto da aree verdi pari a 32mila metri quadrati, piste ciclabili, ponti pedonali sopraelevati e molto altro.
Dopo essere diventata leader mondiale del mercato virtuale, con oltre 2 miliardi di iscritti, Facebook punta insomma a espandersi anche nel mondo “reale”, con progetti all’avanguardia sia dal punto di vista ambientale che da quello sociale.
“Vogliamo tenere insieme e bilanciare la nostra crescita come azienda e i bisogni della comunità in cui ci troviamo a operare”, ha dichiarato il vicepresidente di Facebook John Tenanes al New York Times.
La città tecnologia di Google
Come detto, quello di Facebook non è il primo progetto di questo genere tra le grandi compagnie della Silicon Valley. A ottobre 2017 Google ha annunciato un accordo tra la città di Toronto e la Sidewalk Labs per la realizzazione di un quartiere totalmente hi-tech e smart.
Sidewalk Labs è una società statunitense che si occupa di innovazione urbana. È legata alla Alphabet Inc., la super holding nata nel 2015 cui fa riferimento Google.
Il progetto, chiamato Quayside, dovrebbe interessare un’area di quasi cinque ettari tra Parliament Street e Queens Quay che, in caso di intesa tra le due parti, sarà convertita in un grande centro ipertecnologizzato.
Il costo dell’operazione nella città canadese potrebbe superare il miliardo di dollari.
Per i nuovi edifici, la Sidewalk Labs ricorrerà alle tecniche di costruzione più innovative e “green”. Gli sforzi non si concentreranno solo su ricerca e sperimentazione, ma anche sull’adozione di soluzioni concrete per risolvere i problemi più diffusi nelle grandi città, come traffico, trasporti pubblici e mancanza di alloggi a prezzi accessibili.
Il piano di Google e Sidewalk Labs rientra in un progetto molto più ambizioso, in cantiere già da qualche anno: la costruzione della prima città smart. Un luogo ipertecnologico, dove tutto sarà digitalizzato e connesso, ma a misura d’uomo.
Lo scandalo Cambridge Analytica
Mai come in questo momento Facebook sembra aver bisogno di dare una ripulita alla sua immagine. La società Cambridge Analytica è infatti accusata di aver violato 50 milioni di profili Facebook per ottenere dati sensibili.
Si tratta di una delle più vaste violazioni di dati della storia. L’azienda è legata all’ex consigliere di Trump, Steve Bannon.
La circostanza è tutt’altro che neutrale: Cambridge Analytica ha infatti collaborato nelle campagne elettorali di Donald Trump e in quella pro-Brexit.
L’inchiesta di Guardian, Observer e New York Times che ha portato alla luce la vicenda si basava sulle rivelazioni di un informatore che ha raccontato come dal 2014 la società avesse iniziato a raccogliere senza autorizzazione i dati personali degli utenti del social network.
La Cambridge Analytica è una società di proprietà del milionario Robert Mercer, e guidata proprio da Steve Bannon. Qui di seguito abbiamo spiegato le implicazioni di Cambridge Analytica in Italia.
Il 21 marzo il fondatore di Facebook Mark Zuckerberg ha ammesso le colpe della piattaforma e ha annunciato alcuni cambiamenti.
Cambridge Analytica ha aiutato anche un partito italiano
Secondo quanto emerge dall’inchiesta, nemmeno le elezioni italiane sarebbero rimaste del tutto immuni dall’influenza di Cambridge Analytica.
È stata la stessa società che lo ha fatto capire, e in maniera anche piuttosto esplicita. Sul suo sito, infatti, è possibile leggere che nel 2012 CA aveva portato avanti un progetto di ricerca per un partito italiano.
Non viene specificato di che partito si tratti, ma il sito specifica che questo partito nel 2012 “era in fase di rinascita, dopo aver ottenuto i suoi più grandi successi negli anni ’80”.
Nello specifico, l’aiuto fornito da CA a questo partito sarebbe consistito nel fare “una ricerca su iscritti e simpatizzanti, per aiutarlo nella strategia di riorganizzazione”.
Cambridge Analytica specifica anche che questa formazione politica, grazie al suo operato, sarebbe riuscita a dotarsi di “una struttura organizzativa flessibile e moderna”, così da ottenere “risultati superiori a quelli attesi in una fase turbolenta della politica italiana”.
A seguito di queste rivelazioni, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) ha inviato a Facebook una specifica richiesta di informazioni sull’uso di dati personali per finalità di comunicazione politica.
È infatti forte e fondato il sospetto che la profilazione degli utenti per fini elettorali, così come negli Stati Uniti, possa essersi verificata anche in Italia.
Michele Anzaldi, deputato del Partito Democratico, ha formulato una sua ipotesi su quale potrebbe essere il partito che ha beneficiato dell’aiuto di CA: “L’identikit fornito farebbe pensare alla Lega”, ha detto.
Tuttavia, il riferimento agli anni ’80 non sembra corrispondere al partito che oggi è guidato da Matteo Salvini, che i suoi maggiori successi li ha ottenuti dal ’94, a seguito dell’alleanza elettorale che portò Berlusconi a vincere le elezioni.
Proprio i riferimenti forniti da Cambridge Analytica rendono piuttosto difficoltoso identificate il partito in questione, poiché negli anni ’80 le formazioni più popolari erano quelle della prima Repubblica.