Bisogna fare una salto indietro nel tempo di parecchi anni per raccontare questa storia. La sua protagonista si chiama Zelinda Roccia, vive dall’altra parte del mondo, in Nicaragua, piccolo stato dell’America latina. Viene dalla Sardegna, orgogliosa e fiera delle sue origini.
“Sono sardissima, nata per puro caso a Tonara, nel nuorese, dove in quei giorni si era fermato il circo della mia famiglia, e poi trasferita con mia madre a Siniscola, sempre in provincia di Nuoro. Ma la cosa più bella per me è stata andare a vivere in località La Caletta, una frazione di Siniscola con una spiaggia bianca, fra la salsedine e i gabbiani”.
Forse è stata quella voglia di girovagare per il mondo che i circensi hanno nel sangue a farle intraprendere un viaggio che ha segnato la sua esistenza per sempre.
Zelinda Roccia nell’ormai lontano 1988 decise di partire per una vacanza in Sudamerica. Lì, attraversò non senza rischi il confine che separa l’Honduras dal Nicaragua. Un confine che divide, oltre ai due piccoli stati, anche la sua vita precedente da quella che sarebbe venuta.
Prima di diventare “Mamacita”, il soprannome che le ha regalato il Nicaragua, Zelinda insegnava lettere. “Ho studiato, mi sono trasferita a Cagliari per seguire l’università. Poi la laurea, i viaggi… Amavo molto viaggiare e il teatro di strada. Inseguivo il sogno del circo”.
Il Nicaragua lo voleva visitare a tutti i costi. “Ho scelto il Nicaragua per conoscere i sandinisti (il Fronte sandinista di liberazione nazionale è un movimento rivoluzionario e partito politico nicaraguense di ispirazione marxista e antimperialista, ndr)”.
“Volevo guardare negli occhi chi, con poco, era riuscito a mettere alla porta gli americani e aveva vinto una rivoluzione contra la dittatura somozista (nel 1979 l’Fsln fu protagonista del crollo del regime dittatoriale di Anastasio Somoza Debayle, ndr)”.
Oggi come allora il Nicaragua non se la passava tanto bene. Un paese povero, con diseguaglianze sociali estreme, dove sopravvivere è una sfida quotidiana.
Verso la fine del viaggio, a pochi giorni al rientro, Zelinda capì che il destino aveva ancora tanto da raccontare.
“Due giorni prima di rientrare, ho visto tre bambini lungo al strada, la più grande avrà avuto quattro anni. Pioveva a dirotto, mi sono avvicinata e gli ho chiesto perché non andavano a casa, la bambina mi ha detto che vivevano lì, ho guardato intorno senza vedere nessuna abitazione. La bambina si è alzata e mi ha mostrato la loro casa. La ruota di un camion. Quel momento ha definitivamente cambiato la mia vita. Dopo tre anni sono tornata in Nicaragua, senza sapere bene dove andare. Ma una cosa era chiara, stavo andando incontro ai bambini di strada”.
D’ora in poi quella di Zelinda è una vita di altruismo, e pochi anni dopo, come aveva promesso a se stessa, ritornò proprio là, dove quella bambina in quella giornata di pioggia le aveva indicato la sua casa fatta da una ruota di camion. Quella che potrebbe sembrare una vita di rinunce per lei non lo è affatto. Si è adattata a quella vita, e lo rifarebbe altre mille volte se potesse rinascere.
“Vivo in Nicaragua da 25 anni, non mi è costato nessuna rinuncia, ho trovato tantissimi bambini di tutti i colori, che provengono dagli angoli più remoti del Nicaragua. Ho iniziato in una casa terremotata prestata da Padre Jesus Arguete e ora si è formata un’associazione che comprende cinque progetti è lavora con 250 bambini, tutti con storie differenti ma in fondo tutte uguali”. È Zelinda l’anima e la fondatrice del progetto Los Quinchos, i bambini di strada.
Ma chi sono i quinchos? “I quinchos sono bambini abbandonati, picchiati, ammutoliti, molto spesso bruciati con il fuoco per zittirli”.
Con Zelinda possono studiare, imparare un mestiere, imparare a vivere come un’essere umano merita. I quinchos sono bambini che hanno trovato nella donna italiana la loro mamma.
Lei li ricorda tutti. Come ogni mamma, Zelinda ha voluto bene allo stesso modo a ognuno dei suoi nuovi figli. Ma una storia emblematica la ricorda con immenso piacere. “Raccontarti qualche storia di un bambino…beh… per me è abbastanza difficile, perché tutti mi hanno toccato il cuore. Forse, la storia di un bambino del nord di Nicaragua, aveva otto anni, mezzo cieco, tutti gli altri bambini di strada ridevano di lui. Un bambino che ha patito la fame, la vergogna di essere abbandonato, che è scappato di casa per venire a Managua. Sniffava la ‘pega’, la droga dei poveri, chiedeva l’elemosina in strada per poter sopravvivere. Ora quel bambino ha studiato facendo sforzi sovrumani, si è laureato ed è diventato ingegnere a Cuba”.
Il più grande premio che ha ricevuto Zelinda è lei stessa a spiegarlo, in maniera semplice e umile. Lei, che è stata decorata dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel 2013 “Cavaliere della stella”, onoreficenza consegnatale nell’ambasciata italiana a Managua recentemente, dice: “Il più grande riconoscimento è stato incontrare l’amore incondizionato di tanti bambini. Se tutte le persone pensassero che hanno una missione da compiere con tanto amore, sarebbero debellati l’egoismo e i rancori personali”.
Così parla Zelinda Roccia, semplicemente ‘Mamacita’, la mamma di tutti i bambini di strada.
Buena suerte Mamacita.
*A cura di Maurizio Carta
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