Whitney Bell probabilmente non è l’unica donna ad aver ricevuto foto discutibili e invadenti di uomini nudi sul proprio smartphone. Con ogni probabilità, però, è stata una delle poche ad aver sfruttato la cosa con il suo estro artistico, unito a un pizzico di vena vendicativa tutta al femminile, creando una serie di quadri esposti poi in una galleria d’arte a Los Angeles.
La mostra è stata un successo, ma dietro questa decisione non c’è solo un intento per così dire estetico bensì anche ragioni meno superficiali, come ad esempio il mettere in luce che non sempre le immagini intime non richieste vengono apprezzate e soprattutto come queste azioni da parte di molti uomini si possano ritenere alla stregua di molestie.
Ad amplificare il fenomeno è senza dubbio l’avere a disposizione una tecnologia sempre più capillare, che ha reso troppo facile scambiarsi immagini e video osé, spesso con risvolti drammatici. In molti casi, queste foto poco appropriate che ritraggono membri maschili arrivano in momenti poco indicati: per esempio durante un viaggio in metro o una riunione di lavoro.
Non è solo il momento in cui si ricevono a essere messo in discussione, ma è soprattutto i motivi che spingono molti uomini a inviare le foto con i propri peni in bella mostra.
Non ci saremmo mai sognate di ricevere in tempi passati, quando ancora la tecnologia non era così diffusa, delle lettere imbucate a mano contenenti immagini di membri maschili e spedite al nostro indirizzo di casa o di lavoro. Il concetto è quello. Oggi tutti posseggono uno smartphone e hanno accesso a una connessione internet, così quelle foto possono arrivare ovunque, poi non importa se questo genere di cose venga apprezzate o meno dalle donne.
Whitney Bell ha voluto esprimere il suo disaccordo in modo del tutto particolare: organizzando una mostra a Los Angeles intitolata “I Didn’t Ask for This: A Lifetime of Dick Pick”. Una vera e propria esposizione fotografica con la quale l’artista statunitense ha voluto mostrare la quantità e la varietà di foto non richieste ma ricevute ugualmente.
L’esposizione è stata allestita in una galleria d’arte tradizionale, in un’atmosfera intima in cui Whitney ha voluto ricreare gli ambienti di casa sua e dove alle pareti ha appeso 200 foto incorniciate di peni. Una scelta studiata così come la disposizione dei quadri, che avrebbero dovuto dare il senso dell’invasione.
La donna ha raccontato in diverse interviste com’è nato questo progetto, ossia “Con una foto che ho reputato davvero bella. Si trattava dell’immagine di un pene poco illuminata che mi era stata inviata da un ragazzo con il quale uscivo in quel periodo. Ho inoltrato quel messaggio a un’amica la quale mi disse che la foto era davvero bella e che meritava di essere esposta in un museo. Li ho pensato alla serie di foto”.
Whitney ha poi spiegato i motivi che l’hanno spinta a organizzare quella particolare esposizione: “Non nutro odio per gli uomini o per il loro pene. Mi piacciono entrambi. Ma la cosa che non apprezzo è l’essere molestata, perché è così che dobbiamo cominciare a considerare la cosa”.
“Queste foto non erano state richieste in modo esplicito. Non m’interessa vedere il pene di un uomo che non conosco”, ha chiarito l’artista.
La mostra nasce proprio da questo presupposto: le foto esposte non sono state richieste esplicitamente, e molte di quelle esposte sono state inviate a Whitney da altre donne alle quali era successa la medesima cosa.
“Per questi uomini il sesso non c’entra. Con queste foto vogliono solo affermare il loro potere e il controllo. Godono nel sapere che ti stanno costringendo a vederle, anche se non vuoi”, ha spiegato ancora Whitney.
La questione può essere interpretata da diverse prospettive e differenti possono essere le reazioni delle dirette interessate. Nella maggior parte dei casi, quando si ricevono foto e video di questa natura si procede con l’eliminazione istantanea del mittente dalla chat, dall’elenco dei contatti o dalla rubrica del telefono.
Questo non è stato il caso di Whitney.
In fondo alla decisione di mostrare le foto indesiderate di peni a un pubblico femminile (e non) c’è anche la volontà di generare un senso di vergogna nei soggetti ritratti (anche se nella maggior parte dei casi i loro volti non ci sono).
La giovane cominciò a ricevere foto indesiderate di membri maschili quattro anni fa. Dapprima via email. “Lì per lì avevo scambiato quelle email per un virus. Un giorno una mia amica mi chiese se stessi ricevendo foto strane. Scoprii che un ragazzo conosciuto su OkCupid le chiedeva foto e le replicava di voler ricevere le sue. Così gli aveva lasciato il mio indirizzo email”.
Internet ha reso tutto più semplice e ha contribuito a ingigantire questo fenomeno. Inoltre, la tecnologia spesso ti garantisce l’anonimato e molti sono convinti che una foto di quel genere strappi qualche sorriso. Ma non è così.
“Lo fanno perché sanno di poterlo fare. Non si preoccupano di possibili conseguenze, e io voglio principalmente questo, che capiscano che possono esserci delle conseguenze…”.