Il 16 gennaio 2019 il premier greco Alexis Tsipras ha superato il voto di fiducia sul suo governo da lui stesso chiesto dopo le dimissioni del ministro della Difesa, Panos Kammeno.
Tsipras ha ottenuto 151 voti a favore su 300 deputati, il numero minimo per continuare a governare fino alle elezioni di ottobre.
La crisi di governo – Kammenos, leader del partito di destra dei Greci indipendenti, ha messo in crisi la tenuta della coalizione, ma sembra che il premier sopravviverà al voto anche se con una maggioranza risicata.
Tsipras ha bisogno di 151 voti a favore sui 300 totali del parlamento greco per evitare la caduta del governo: il suo partito, Syriza, può contare su 145 voti, a cui si aggiungono quelli di 4 membri ribelli di Greci indipendenti, quello dell’indipendente Kryina Papakosta e di Spyros Danellis.
Se invece il governo Tsipras non dovesse ottenere la fiducia l’ipotesi più accreditata è che si vada a nuove elezioni, anche se non è un’opzione obbligatoria: il premier tra l’altro sostiene che non chiamerà i cittadini al voto prima dell’approvazione di una legislazione che garantisca maggiori protezioni ai proprietari di case e un salario minimo più alto.
La disputa sulla Macedonia – Al centro della crisi di governo vi è la disputa sul nome della confinante Macedonia. Il ministro uscente Kammeno e il suo partito, insieme ad altre frange dell’opposizione, sono contrari all’accordo siglato tra il governo di Atene e Skopje per il cambio di nome del vicino di casa.
Secondo i nazionalisti greci il nome “Macedonia” può essere utilizzato solo per riferirsi all’omonima provincia greca e non può essere adottato dal governo di Skopje.
La disputa, che va avanti da quando il paese ha ottenuto l’indipendenza dalla Jugoslavia nel 1991, impedisce tra l’altro alla Macedonia di entrare nella NATO e nell’Unione europea a causa del veto della Grecia.
Nonostante la retorica nazionalista, l’eventuale caduta del governo Tsipras non metterebbe in crisi l’accordo raggiunto con il governo di Skopje, che continuerebbe il suo iter in un Parlamento che sembra intenzionato a mettere fine a una disputa che va avanti da 27 anni.
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