Venerdì 25 agosto, le forze armate somale supportate dalle truppe statunitensi hanno ucciso dieci civili, tra cui tre bambini, in un villaggio vicino alla capitale Mogadiscio. A riferirlo è stata l’agenzia di stampa Reuters che ha contattato alcuni testimoni presenti al fatto.
L’episodio è avvenuto nel villaggio di Barire, nella provincia di Lower Shabelle, nel sud della Somalia. Secondo il governatore provinciale, i contadini sono stati uccisi uno per uno all’alba del 25 agosto.
Il coinvolgimento delle truppe statunitensi è stato confermato dal Comando degli Stati Uniti in Africa. L’esercito statunitense ha poi affermato di essere intenzionato a investigare sull’accaduto e in particolare sulle vittime civili dell’operazione.
L’esercito somalo inizialmente aveva detto che nessun civile era stato ucciso e che tutti i deceduti erano miliziani di al-Shabaab l’organizzazione terroristica somala legata ad al Qaeda, che combatte per rovesciare il governo internazionalmente riconosciuto di Mogadiscio e imporre la Sharia, la legge islamica, in tutto il paese.
In seguito, anche le autorità militari somale hanno però ammesso che le vittime dell’operazione erano civili. “Sappiamo che ci sono state vittime civili e il governo federale sta indagando per scoprire la verità a riguardo”, si può leggere nel comunicato rilasciato dall’esercito somalo.
“Invitiamo i cittadini somali a cooperare pienamente con il governo in materia”.
La strage suscita domande sul crescente coinvolgimento delle forze armate di Washington nel conflitto in corso nel Corno d’Africa. La Somalia infatti è impegnata in una guerra civile dal 1991.
Da quando è stato eletto il presidente Donald Trump, la Casa Bianca ha concesso al Comando degli Stati Uniti in Africa una maggiore discrezionalità di condurre raid aerei e operazioni nel paese contro i miliziani di al-Shabaab.