Una commissione d’inchiesta internazionale indipendente sulla Siria delle Nazione Unite composta da quattro esperti ha pubblicato un rapporto di 29 pagine che documenta il periodo di guerra civile tra il 15 gennaio e il 15 maggio 2013.
In questo lasso di tempo sia l’esercito del regime siriano che i ribelli sono stati responsabili di torture, stupri, rapimenti ed esecuzioni sommarie.
“La Siria è in caduta libera”, ha detto il presidente brasiliano della commissione d’inchiesta, Paulo Pinheiro. Oltre 75 mila persone hanno perso la vita durante il conflitto, e all’interno del rapporto si parla anche di armi chimiche.
Sarebbero almeno quattro gli scontri dove si è fatto uso di armi chimiche sul territorio siriano: il 19 marzo a Khan al Asala, vicino Aleppo e lo stesso giorno a Uteiba, vicino Damasco; il 13 aprile a Sheikh Maqsud, un quartiere di Aleppo e il 29 aprile a Saraqeb, nella regione di Idilib.
Le Nazioni Unite hanno bisogno di prove raccolte sul campo da una spedizione di esperti, capeggiata dallo svedese Ake Sellstrom, ma fino a ora il governo siriano ha rifiutato di dare l’autorizzazione per ottenere l’accesso al Paese.
“Le prove certe – afferma Pinheiro – possono essere raggiunte solamente dopo aver effettuato dei test sui campioni prelevati direttamente dalle vittime o sul luogo del presunto attacco”. Attualmente, i dati raccolti nelle 29 pagine del rapporto della commissione sono frutto di circa 1.600 interviste.
Il regime di Damasco è stato accusato anche dall’Unione delle organizzazioni siriane di soccorso medico, che riunisce decine di medici in alcuni ospedali nelle zone di guerra. Secondo l’associazione il 97 per cento delle vittime causate da attacchi con gas tossici sono civili.
Per la prima volta, nel rapporto si fa presente anche l’uso di bombe termobariche. A tal proposito l’Onu ha chiesto alla comunità internazionale di non fornire armi alle fazioni in lotta al fine di evitare che si commettano nuove violazioni dei diritti umani.
Il presidente Vladimir Putin ha detto che non è stato ancora attuato l’accordo che prevede l’invio dei missili S-300 a Damasco, perché non si vuole “turbare l’equilibrio della guerra in Siria”.
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