Il suo fidanzato era riverso a terra in una pozza di sangue e stava morendo. Fatima Khan, che aveva 20 anni all’epoca dei fatti, si è avvicinata al corpo e ha iniziato a filmare. Non ha chiamato i soccorsi, ha solo ripreso con il cellulare. Poi ha messo il video dell’uomo, Khalid Safi, su Snapchat e ha scritto: “questo è quello che succede a chi prova a fregarmi”.
Secondo la ricostruzione delle indagini, Fatima Khan ha organizzato l’omicidio del suo compagno, un richiedente asilo afghano di 18 anni, insieme a Raza Khan, un ragazzo che aveva un debole per lei.
Per l’omicidio, avvenuto in un quartiere a nord di Londra la sera del primo dicembre 2016, la donna è stata appena giudicata colpevole in primo grado. La sentenza definitiva ci sarà il 30 luglio.
Secondo i risultati dell’inchiesta, è stato l’amante a pugnalare più volte al petto il ragazzo afghano, con cui Fatima aveva da tempo una relazione, usando un cacciavite. Tra i due, i rapporti, già turbolenti, erano peggiorati pochi giorni prima del delitto.
La donna ha postato su Snapchat il video dell’uomo, ripreso mentre moriva dissanguato in strada.
Il video era stato pubblicato tra le immagini della vita quotidiana, come la prima colazione, le attività in casa e i giri in macchina.
La donna ha cercato di negare le accuse, scusandosi per la pubblicazione delle riprese ma affermando di non essere in alcun modo coinvolta nell’omicidio né di averlo pianificato. Ora, un tribunale inglese, dopo più di diciotto ore di discussione, l’ha giudicata colpevole. Sono state fondamentali per il processo le immagini dell’uomo morente: anche se i video di Snapchat si autodistruggono dopo 24 ore, un amico della ragazza aveva registrato le immagini.
L’avvocato delle difesa ha definito la donna “ossessionata dai social”. Rivolgendosi alla giuria, ha detto che Fatima passava tutta la sua vita on-line. “È il prodotto di una cultura ossessionata dal telefono”, ha detto il legale, chiamando la donna “la regina di Snapchat di Alford”, quartiere londinese.
Di fronte alla domande dell’accusa, Fatima Khan ha ribadito, che nel momento dell’omicidio, stava soffrendo di disturbi post-traumatici e non riusciva a capire costa stava succedendo.
Rivolgendosi all’esecutore materiale del delitto, che non è stato ancora trovato, ha detto: “lo odio, ha fatto una cosa disgustosa. Khalid non meritava di morire”.
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