Comincia domani, venerdì 3 novembre, il tour istituzionale di Donald Trump in Asia.
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Il viaggio, che durerà fino al 14 novembre, porterà il presidente statunitense in Giappone, Corea del Sud, Cina, Vietnam e Filippine.
Dopo una sosta alla base della marina di Pearl Harbor, Trump arriverà a Tokyo, dove probabilmente avrà un confronto con il primo ministro giapponese, Shinzo Abe, riguardo la crisi nordcoreana.
Dopo la vittoria alle elezioni anticipate di ottobre 2017, Abe ha ulteriormente rafforzato la sua posizione politica: questo potrebbe permettergli di operare le annunciate modifiche alla Costituzione pacifista, motivate soprattutto dalla crescente minaccia rappresentata da Pyongyang.
Questo, secondo “Forbes”, potrebbe aprire nuove possibilità di affari per gli esportatori di armi degli Stati Uniti, con Trump impegnato a promuovere i sistemi di difesa antimissilistici americani.
Il 7 novembre Trump sarà in Corea del Sud, dove il confronto con il presidente Moon Jae-in sarà incentrato senza dubbio sulla crisi nordcoreana. Sono inoltre in programma un intervento all’assemblea nazionale di Seul e una visita alle truppe statunitensi presenti sul territorio.
In Vietnam e nelle Filippine il presidente statunitense avrà modo di confrontarsi con i leader dei due paesi del sud-est asiatico, il vietnamita Tran Dai Quang e il filippino Rodrigo Duterte, contestato da buona parte della comunità internazionale per la sua violentissima guerra al narcotraffico.
Ma la tappa più importante del tour asiatico sarà quella in Cina, dove Trump potrebbe chiedere al presidente Xi Jinping l’introduzione di misure più forti per reprimere le provocazioni del regime di Kim Jong-un.
In base a quanto detto da alcuni funzionari della Casa Bianca all’agenzia di stampa Reuters, il presidente statunitense potrebbe domandare al suo omologo cinese, recentemente riconfermato dal XIX congresso del Partito comunista, di introdurre limiti alle esportazioni di petrolio, alle importazioni di carbone e ad altre operazioni finanziarie.
Secondo gli analisti, però, difficilmente le pressioni di Donald Trump sulla Cina avranno effetti significativi: “Non credo che la Cina possa prendere seriamente in considerazione modifiche alle sue politiche nei confronti della Corea del Nord semplicemente perché Washington sta diventando più insistente”, ha detto a Reuters Zhao Tong del centro studi di Pechino Carnegie-Tsinghua Center.
L’amministrazione Trump ha minacciato azioni commerciali contro la Cina nel caso in cui il gigante asiatico dovesse continuare a mostrare resistenze in merito alla questione nordcoreana.
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