Pippa Biddle è una ragazza americana di 22 anni della contea di Westchester, vicino a New York.
Il 12 novembre ha pubblicato una lettera indirizzata alle sorelle, Martha e Abigail, con cui ha rivelato per la prima volta di essere stata vittima di abusi sessuali. L’abbiamo contattata e ha concesso a The Post Internazionale un’intervista in cui ci ha raccontato la sua storia e ci ha autorizzati a tradurre la sua lettera.
Qui sotto alcuni estratti della lettera (in italics), alternati ad alcuni dati per saperne di più sul fenomeno della violenza sulle donne (non in italics).
Nella primavera del 2013, mi ero concessa una rara uscita con un gruppo di amici, che comprendeva anche un amico di un amico, che non avevo mai incontrato prima. Quella sera avevo bevuto e io e lui abbiamo flirtato, ci siamo anche baciati. Ma quando sono andata a dormire nella stanza degli ospiti e lui mi ha chiesto se avessi bisogno di un compagno di ‘coccole’, ho risposto con quello che all’epoca mi era sembrato un ‘no’ chiaro e tondo.
Più tardi, quando mi ha svegliata intrufolandosi nel mio letto, io ho detto nuovamente ‘no’. E quando ha cominciato a soffocarmi, io ho lottato, dicendo di ‘no’ con il mio corpo. Da giovani donne ci viene insegnato che la parola ‘no’ ha un potere insito. Sfortunatamente, nel mio caso, dire di ‘no’ non ha funzionato.
— Come molte vittime di abusi, Biddle inizialmente ha scelto di non raccontare la violenza subita alla sua famiglia. Non ha consultato un terapista. E soprattutto, non ha mai sporto denuncia. Lo stress di dover rivivere gli eventi davanti a una giuria potenzialmente ostile, e la possibilità, alta, che la sua accusa non venisse presa seriamente, sono stati i fattori che hanno determinato il suo silenzio.
— Negli Stati Uniti, secondo i dati raccolti dalla Ong Rape, Abuse & Incest National Network, che si occupa di combattere le violenze a sfondo sessuale, circa il 60 per cento degli stupri avvenuti negli ultimi 5 anni non è stato denunciato alla polizia.
— Inoltre, un rapporto del Dipartimento di giustizia statunitense che prende in considerazione il periodo di tempo tra il 2008 e il 2012 riferisce che soltanto l’8 per cento delle persone accusate di stupro viene sottoposto a un processo legale. Il 3 per cento viene punito con il carcere.
— Non potendo riporre fiducia nel sistema giudiziario, Biddle ha iniziato a scrivere, preparando per oltre un anno la lettera pubblicata sul suo blog lo scorso 12 novembre. Prima di raccontare la storia alla sua famiglia, è stata aiutata e sostenuta moralmente da Jessica Minhas, la fondatrice di I’ll Go First, una Ong che ha come obiettivo quello di aiutare le vittime di violenze sessuali a ritrovare la propria voce e libertà.
Ciò che mi ha spaventata di più è quello che il mio silenzio potrebbe aver significato per voi. Quasi 1 donna su 5 in America è stata vittima di abusi sessuali. Il fatto che voi vi state tenendo dentro lo stesso segreto, dal momento che provate la stessa vergogna, la stessa paura o vi sentite isolate, mi terrorizza.
Non avevo superato il trauma di quella notte. Condividevo la mia vita con un parassita che aveva eroso la mia capacità di formare amicizie, fidarmi del prossimo e di avere una relazione affettiva sana. Ancora oggi, spesso sono nervosa, agitata e ho problemi a dormire da sola la notte senza alzarmi diverse volte per controllare di aver chiuso bene la porta o verificare che non ci sia nessuno dietro la tendina della doccia.
— Secondo alcune persone, il semplice atto di parlare e condividere la propria esperienza di abusi non porta ad alcun risultato. Biddle, la pensa in maniera completamente diversa.
— Non solo crede che partecipare a un discorso pubblico sul tema delle violenze sessuali possa avere forti ripercussioni sulla velocità con cui una riforma legale e culturale verrà messa in atto, ma anche che parlare con un gruppo molto più ristretto possa avere effetti benefici.
Uno studio del 2013 condotto in Nuova Zelanda ha dimostrato che scrivere delle proprie esperienze dolorose ha un potere curativo. I ricercatori hanno scoperto che gli adulti che annotano i propri pensieri e sentimenti prima di essere sottoposti a operazioni chirurgiche recuperano a una velocità molto più elevata di quelli che invece non scrivono. Non si tratta di guarire soltanto dal punto di vista emotivo, ma di guarire, fisicamente, in maniera molto più veloce.
— Secondo Elizabeth Broadbent, professoressa di medicina alla University of Auckland, e co-autrice dello studio pubblicato lo scorso luglio nella rivista medica Psychosomatic Medicine a cui fa riferimento Biddle, scrivere di eventi dolorosi aiuta le persone a diminuire lo stress, e quindi contribuisce a velocizzare il processo di guarigione a livello cellulare. Un periodo prolungato di tensione e affaticamento mentale può aumentare la produzione di ormoni come il cortisolo, che impedisce al sistema immunitario di funzionare adeguatamente.
Condividere questa lettera con voi, con i nostri genitori e con il mondo intero è il centesimo, ma non ultimo, passo del mio processo di guarigione. È stato un percoso tutto in salita e avervi accanto è stata una benedizione. Anche se non sapevate quello che stavo passando, mi avete dato il sostegno e l’amore di cui avevo bisogno. Per questo, vi sarò eternamente grata.
Siate forti, non abbiate paura di dire quello in cui credete e condividete le vostre storie. Le parole possono farvi guarire, oltre che cambiare il corso della storia. Siete una fonte d’ispirazione, donne potenti che stanno trovando la propria dimensione in un mondo che a volte può essere difficile da navigare. Spero che voi non abbiate mai subìto violenze sessuali in passato, così come mi auguro che non vi accada in futuro. Ma anche se fosse, ricordatevi che non vi amerei mai di meno e che averte sempre una voce. Usatela.
Uomini e donne devono essere consapevoli che per porre fine al problema delle violenze sessuale devono proteggere se stessi tanto quanto gli altri. Non si tratta di un problema che affligge soltanto le donne, o soltanto gli uomini. È qualcosa che ci riguarda tutti da vicino.
— Negli ultimi mesi sono stati molti gli studenti universitari che hanno scelto di denunciare pubblicamente le violenze subìte, anche attraverso maniere inusuali, come la protesta del materasso di Emma Sulkowicz alla Columbia University. Biddle ne riconosce il coraggio e racconta come le loro azioni l’abbiano aiutata a uscire dal proprio guscio e a trovare il coraggio di rivelare pubblicamente gli eventi di cui è stata protagonista, suo malgrado.
— A chi legge la sua storia, e vuole contribuire a eradicare la piaga sociale della violenza sessuale, Biddle chiede di partecipare alla campagna It’s on us, sponsorizzata anche dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama, che mira a responsabilizzare entrambi i sessi sul tema degli stupri.
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