Il 28 e 29 novembre 2018 ad Astana, in Kazakistan, si tiene il nuovo vertice tra Russia, Turchia e Iran per cercare di trovare una soluzione alla guerra in Siria, iniziata nel 2011 e tuttora in corso.
Tra i partecipanti anche Staffan de Mistura, inviato speciale dell’Onu che resterà in carica fino al 31 dicembre, e la Giordania, oltre a delegazioni del governo siriano e dell’opposizione.
L’ufficio dell’inviato speciale in Siria del segretario generale delle Nazioni Unite, Staffan de Mistura, ha definito “un’occasione mancata” l’undicesimo vertice per la pace.
I summit – I colloqui di novembre sono l’undicesimo incontro organizzato da Mosca, Ankara e Teheran per risolvere la crisi siriana. Ad oggi, il più grande risultato raggiunto dai tre governi è stata la creazione di una zona demilitarizzata di 15-20 chilometri intorno alla regione di Idlib, nel nord della Siria.
L’ultima conferenza guidata da Mosca e che ha coinvolto ancora una volta Turchia e Iran si è tenuta a Sochi, in Russia, a luglio 2018.
Il 27 ottobre inoltre gli alti funzionari diplomatici di Russia e Turchia hanno incontrato i rappresentati di Francia e Germania a Istanbul in un vertice a 4 per discutere degli sviluppi del conflitto nel paese, con particolare riferimento al governatorato di Idlib, ultima roccaforte jihadista che il governo siriano deve ancora riconquistare.
La guerra in Siria – Dopo sette anni, il regime di Bashar al Assad, appoggiato da Iran e Russia, ha riconquistato la maggior parte del territorio siriano, sconfiggendo sia l’Isis che i gruppi ribelli appoggiati dall’occidente, Stati Uniti in primis. Assad sembra quindi destinato a rimanere al potere, nonostante l’opposizione di diversi leader internazionali.
Damasco adesso mira a riconquistare Idlib, in cui sono arroccati i ribelli e i miliziani jihadisti di al Nusra. Intorno alla provincia è stata creata una zona demilitarizzata, ma la tensione continua a salire.
Il governo siriano ha denunciato che “gruppi terroristici” hanno attaccato con “il gas tossico” alcune zone residenziali di Aleppo: secondo Damasco ci sarebbero stati 107 casi di persone con difficoltà di respirazione ad Aleppo e l’Osservatorio Siriano per i Diritti umani ha confermato che 94 persone hanno fatto ricorso a cure mediche sono stati 94.
Alcune ore dopo la denuncia dell’attacco, l’aviazione russa ha confermato di aver compiuto dei raid sulla periferia della città, che si trova nella zona demilitarizzata negoziata tra Russia e Turchia nel nord-ovest della Siria.
Chi controlla cosa – La provincia di Idlib, nella parte nord-ovest del paese, è l’ultima forte roccaforte ancora in mano ai gruppi ribelli e jihadisti che hanno cercato di rovesciare Assad negli ultimi sette anni.
Dopo aver ripreso il controllo di Aleppo, della regione del Ghouta orientale, di Douma e di Daraa, Idlib è l’ultimo territorio in cui Assad non è riuscito a sconfiggere i ribelli.
Il governo ha di recente ripreso il controllo del sud del paese, togliendo ai ribelli i territori di Quneitra e di Daraa, al confine con Israele e Giordania. Quneitra in particolare si trova nella zona delle Alture del Golan, un territorio occupato da Israele nella Guerra dei sei giorni del 1967 e tuttora conteso con la Siria.
Il nord del paese invece è controllato dalle forze curde, mentre l’Isis continua a imperversare nel cuore della Siria, tra Palmira e Deir Az Zor.
Oltre a Idlib, l’ultima zona in cui si attesta una presenza dei ribelli è quella di Afrin, in cui si trovano anche truppe turche che sostengono parte dei ribelli e che monitorano il confine tra i due paesi.
I ribelli che controllano Idlib appartengono a tante fazioni rivali, tra cui un’alleanza jihadista legata ad al-Qaeda e un rivale Fronte di liberazione nazionale sostenuto dalla Turchia.