Mancano tre giorni all’attesissimo evento che inaugurerà la stagione elettorale delle presidenziali americane: le primarie in Iowa. Il primo febbraio, gli elettori democratici e repubblicani si recheranno nei 1681 seggi dello stato per scegliere il candidato del loro partito, che l’8 novembre 2016 sfiderà il suo avversario per entrare alla Casa Bianca come quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti d’America. Ma facciamo un passo indietro.
Cosa sono e come funzionano le primarie in Iowa?
Le primarie dei Democratici e dei Repubblicani vengono gestite in maniera autonoma da ogni stato, ma il meccanismo ha lo stesso risultato ovvero portare all’elezione di un numero di delegati per ogni Stato, proporzionale alla popolazione e all’influenza politica.
Ogni delegato sosterrà poi un candidato per ogni partito. In estate poi la convention del partito: quest’anno si terrà dal 25 al 28 luglio a Philadelphia per i democratici e dal 18 al 21 luglio a Cleveland per i repubblicani. I delegati sono in tutto 2286, ogni candidato per vincere deve quindi avere il voto di almeno 1144, la metà più uno.
Cosa cambia tra repubblicani e democratici?
In Iowa le primarie del partito repubblicano e quelle del partito democratico funzionano in maniera diversa: le prime sono molto semplici. Gli elettori maggiorenni si recano nel seggio più vicino ed esprimono il loro voto segreto. Per i democratici il meccanismo è più complicato: si vota il candidato attraverso un caucus, che è più simile a un congresso di partito. Chi vuole partecipare si reca al seggio, dove ogni candidato viene presentato da un sostenitore.
È un evento lungo e chiassoso con accesi dibattiti tra i partecipanti, che devono trovarsi fisicamente al seggio con gli altri sostenitori del loro candidato preferito e votarlo per alzata di mano. “È un po’ come un carnevale, in cui i sostenitori del partito urlano “vieni con noi, con il nostro gruppo!”, spiega Dennis Goldford, un politologo della Drake University. In entrambi i casi non è previsto il voto per corrispondenza.
Accade spesso che il candidato che vince in Iowa o in New Hampshire poi sia effettivamente il candidato nominato dal partito?
Si, i risultati in Iowa sono molto importanti. Ogni candidato risultato vittorioso dal 1980, tranne uno, ha iniziato la sua avanzata vincendo in Iowa o in New Hampshire o in entrambi. L’unico che è stato poi nominato senza vincere in nessuno dei due stati è stato Bill Clinton nel 1992.
Ma si è trattato di un caso particolare. In Iowa infatti aveva vinto Tom Harkin, ma era il senatore di quello stato, quindi la sua vittoria schiacciante era prevedibile, tanto che – caso insolito – gli altri candidati quasi non fecero campagna.
Gli ultimi due presidenti, sia Barack Obama che George W. Bush, hanno inaugurato la loro “stagione di vittorie” proprio in Iowa. Di solito prendono parte ai caucus oltre centomila persone per ciascun partito, che significa circa il 20 per cento degli aventi diritto al voto. Secondo l’analista Stan Greenberg, vincere in Iowa ha comunque uno straordinario “effetto galvanizzante su tutto il paese”.
(Nel grafico: i vincitori nelle ultime primarie in Iowa e New Hampshire)
Perché i caucus in Iowa hanno tanta influenza?
Sostanzialmente i caucus in Iowa sono importanti perché sono i primi: i media tendono a dare maggior copertura ai candidati vincenti, i donatori e gli attivisti saranno più propensi a fare donazioni o a impegnarsi per quel candidato sull’onda trascinante dell’entusiasmo iniziale.
I candidati infatti cercano di investire una grande quantità di denaro, tempo ed energie per avere una performance vincente nello stato. A volte succede che chi perde in Iowa decida di ritirarsi dalla corsa. Succede quindi che le primarie in Iowa rimodellano la campagna elettorale ancora prima che la maggioranza degli statunitensi possa dire la sua.
La prima volta in cui storicamente la vittoria in Iowa ha avuto un peso determinante è stata nel 1976, quando il quasi sconosciuto ex governatore della Georgia e futuro candidato democratico e presidente degli Stati Uniti, Jimmy Carter, fece un calcolo politico: se avesse vinto quel caucus avrebbe ricevuto copertura mediatica così massiccia tanto da essere catapultato dall’oscurità alla fama a livello nazionale. E così fu.
Anche quando il vincitore in Iowa non finisce per vincere la nomination (come è successo con Mike Huckabee e Rick Santorum, rispettivamente nel 2008 e nel 2012), i risultati positivi del caucus possono comunque dare un input significativo alla campagna elettorale.
Quali sono gli argomenti a favore e contrari al fatto che l’Iowa sia il primo stato a votare
Molti analisti sostengono che la popolazione dell’Iowa non sia affatto rappresentativa degli Stati Uniti nel loro complesso: è uno stato con una bassa percentuale di neri, più rurale, e molto meno multietnico rispetto alla media nazionale. Infine, sembra semplicemente ingiusto a un sacco di gente degli altri stati che l’Iowa goda di un tale potere.
Al contrario i difensori del “primato” dell’Iowa sostengono che i risultati non siano falsati o almeno lo siano ma in senso positivo. Lo sostiene anche Jerry Crawford, l’organizzatore della campagna di Hillary Clinton, secondo il quale la campagna elettorale a stretto contatto con gli elettori sia un aspetto positivo.
Gli elettori dell’Iowa hanno dimostrato, dice lui, che non si limitano a seguire le tendenze nazionali, ma danno spazio anche a sfidanti poco conosciuti e che non hanno grosse possibilità alle spalle, garantendo quindi un contesto più democratico.
Nonostante qualche stato abbia tentato in passato di fare le primarie per primo, come la Louisiana nel 1996, è ormai una tradizione più che consolidata e accettata da tutti, che Iowa e New Hampshire siano rispettivamente il primo e il secondo stato ad inaugurare la stagione elettorale.
Cosa può succedere il primo febbraio in Iowa?
Nel contesto del partito repubblicano, tutti sono impazienti di rispondere alla domanda “Donald Trump riuscirà a convincere la gente a votare veramente per lui?”. Nonostante i sondaggi nazionali a suo favore, c’è ancora tanto scetticismo intorno alla sua figura.
I sondaggi danno Donald Trump e Ted Cruz in un testa a testa. Tre sono gli scenari: potrebbe arrivare secondo dal momento che Cruz ha un apparato organizzativo migliore, e molti se lo aspettano. Soprattutto lui stesso. Potrebbe vincere e quindi sfatare quello scetticismo che molti provano. In questo caso “preparatevi ad una frenesia dei media come non l’avete mai vista prima”, scrive Vox.
Ma in realtà potrebbe anche arrivare in terza o quarta posizione, e a quel punto venire dipinto come un patetico perdente. Se invece dovesse vincere Marco Rubio, che attualmente i sondaggi danno in terza posizione, riuscendo a sorprendere tutti, potrebbe trarne un grande vantaggio per proseguire la corsa verso la convention.
Sul versante democratico invece, Bernie Sanders è velocemente salito nei sondaggi nell’ultimo periodo, dopo un anno interno al traino di Hillary Clinton, tanto da trovarsi ad avere buone chanches di vittoria sia in Iowa che in New Hampshire. Se la Clinton vincesse in entrambi gli stati, il seguito di Sanders potrebbe esaurirsi quasi completamente e la Clinton avrebbe la strada in discesa. Se vincesse Sanders in entrambi gli stati invece, si aprirebbe una battaglia campale fino all’ultimo colpo.